il lavoro, come lo studio, per i "nostri eroi" vanno benissimo quando indirizzano verso modalità di vita soddisfacenti e con relazioni umane esterne alla famiglia di discreto livello, quando ti danno uno stimolo positivo per alzarsi al mattino e fare una cosa che ti piace.
In questo senso, ripensandoci, forse va bene anche perseguire il sogno di una laurea, se l'interesse principale del ragazzo è lo studio, a patto però che non si tratti di studiare tutto il giorno a casa escludendo le relazioni ma, anzi, che sia fatto secondo un percorso di ricerca di relazioni significative al di fuori della famiglia (coetanei, insegnanti...).
Per loro, che in fondo se sono "fortunati" da percepire sia la pensione che l'accompagno possono anche permettersi il lusso (un vero lusso oggigiorno!!) di non dover per forza lavorare per vivere, non credo che a tutti i costi si debbano indirizzare tutte le attività verso un orizzonte di produttività. Anche perchè, salvo eccezioni, mi par di capire che la vera produttività lavorativa rimane una chimera.
Perciò, effettivamente, se l'esigenza prende le mosse da un vero interesse del ragazzo e in questo viene accompagnato e guidato ad arricchire i rapporti interpersonali, può avere un senso anche prolungare lo studio oltre le scuole superiori, a prescindere dai risultati effettivi e dalla comparabilità del voto con quello dei normo (che immagino sia a misura delle elementari, dove Lucrezia ha quasi tutti 9, in quarta elementare, pur avendo ancora una certa difficoltà a fare i conti che non stanno sulle dita di una mano ;)).