https://www.youtube.com/watch?v=Ju-q...FdpPBvbiPc1DNQ
Un video molto bello quello della campagna mondiale di quest'anno, nel quale possiamo riconoscere persone care ed amiche, e per le quali mi sono commosso… avendole viste praticamente nascere… e non solo. E con le quali condividiamo amicizia, associazioni, un forum, un libro sul tema, il primo dell’era “social.
E allora perché, nonostante questa evidente commozione, e la bellezza del filmato... alla fine della sua visione mi è rimasto un po’ di disagio dentro? Ci ho dovuto pensare un attimo per capirlo… ma alla fine ho realizzato che la ragione di questo mio disagio risiede nel messaggio che sta “prima”… “dietro” al bellissimo slogan principale dello spot:
“Le persone con la SdD possono vivere una vita felice. Insieme possiamo far sì che questo sia possibile… Ognuno ha il diritto di essere felice”.
Bellissimo questo messaggio non pensate? E anche profondamente vero…
Ma allora perché farlo precedere da tutti quei “potrà, saprà, riuscirà, scriverà, leggerà, abbraccerà, lavorerà, guadagnerà…” etc… mandando il più che esplicito messaggio che tutte queste cose sono “propedeutiche” ed indispensabili al “lieto fine” rappresentato dalla tanto desiderata e dovuta felicità?
Sono parziale, lo so… e chi mi conosce non farà fatica a comprenderne le ragioni (la presenza nella mia famiglia di un figlio con problemi ben più gravi di quelli derivanti dalla SdD di suo fratello), ma non posso fare a meno di pensare, anzi no di “sentire” nella pancia… che a tante persone con disabilità più gravi della SdD (ma anche a tante appartenenti a questa categoria purtroppo), la stragrande maggioranza o la totalità di questi “pre-requisiti” saranno inevitabilmente negati, dalla loro condizione genetica o dalle condizioni aggiuntive di contesto (salute-educazione etc). Forse che a loro non è dato questo “diritto-possibilità” alla felicità? Se è così il rischio è quello di muoversi su un terreno pericolosamente minato.
Un terreno dove comunque esistono degli spartiacque… dei “tu sì, lui no” che fanno la differenza (e che differenza a volte!), e che i criteri con cui questi spartiacque agiscono sono abbastanza aleatori, e comunque poco dipendenti da ragioni oggettive… ma al contrario da condizionamenti culturali e sociali cui noi stessi genitori “disabili” (che in fondo dovremmo essere i più “sensibili” sul tema) siamo soggetti attivi oltre che a volte anche vittime…
Perdonatemi… non so quanti potranno capirmi, ma credo che questo spot, così come tanti altri che si vedono girare sulla SdD (o anche su altre Sindromi), nei quali anche Dario è stato in passato testimonial, sia in fondo troppo “corporativo”… e non raggiunga il vero obiettivo che una campagna di questo tipo dovrebbe avere… specie in un momento storico in cui essere disabili, e disabili “gravi” (non nel senso della Legge 104… ma nell’oggettività di una condizione), spesso non consente di avere accesso ai pre-requisiti di cui sopra…
Se corporativismo deve essere… allora io credo che la strada giusta dovrebbe essere quella di riunire “tutte” le categorie “svantaggiate” a motivo di disabilità, in un unico progetto di grande coscienza civile.
Diversamente sarà “guerra tra poveri”, dove certamente noi “down” siamo tra i favoriti (essendo tanti, ed avendo anche dalla nostra la fortuna impagabile di un’innegabile simpatia di fondo, almeno fino al raggiungimento dell’adultità e dei “problemi” che ad essa si accompagnano), ma dove altrettanto inevitabilmente potremo magari inconsapevolmente contribuire con le nostre affermazioni ed i nostri atteggiamenti a creare nuovi limiti divisori (o a spostarne di già esistenti), tra le vite “degne di essere vissute”… e le altre.
Se lo spot avesse avuto il solo scopo di "convincere" qauella mamma immaginaria citata all'inizio del filmato, sarebbe stato perfetto. Perchè è bellissimo, emozionante, coinvolgente. Ma il filmato vuole essere un messaggio di cultura lanciato in occasione della giornata mondiale... un'occasione per certi versi unica di "parlare di"... e in questo senso credo che lanci un messaggio non propriamente giusto, nè onesto.
E’ una riflessione che faccio io per primo, rileggendo criticamente anche il mio atteggiamento ed alcune scelte fatte in passato sul tema, e che propongo anche a voi, magari provocatoriamente penserete, (ma non è così!)… solo per rendere sempre più efficace e “vero” il nostro agire.... e "normale" ogni forma di "anormalità".
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