http://blog.corrieredellosport.it/fu.../?cookieAccept“Due piedi sinistri”: il corto dell’anno. Parla la regista

Non servono sempre due ore per emozionare e per dire qualcosa di importante. “Due piedi sinistri” è un cortometraggio di Isabella Salvetti e quello che fa in poco più di sei minuti è proprio questo: comunica, “smuove”, commuove. Eppure fa molto discutere. Non i critici, che l’hanno riempito di premi e nomination in ogni festival o concorso in cui è stato presentato. Ha fatto discutere soprattutto i tifosi. Perché c’è il calcio e in particolare il tifo di mezzo.

Di mezzo, non al centro però. Il punto fondamentale, infatti, è la lotta alla discriminazione, in questo caso nei confronti di una ragazzina sulla sedia a rotelle.


Non voglio rovinarvi la visione, perché merita di essere visto senza grandi anticipazioni. Solo una considerazione. Se dopo averlo visto, quello che vi rimane è solo la contrapposizione tifoso Roma/tifoso Lazio, riguardate il sorriso finale della bambina. È lì la chiave: è in quella constatazione che le cose importanti della vita sono altre; che il disabile ha il diritto di essere trattato come tutti gli altri (a Testaccio, cuore giallorosso della Capitale, dove il corto è stato girato, a quell’età l’essere romanista o laziale a volte significa anche scelte “radicali”); che, tutto sommato, la differenza di tifo è superabile e accettabile («Vabbè, ma è questo il problema?»), mentre discriminare o insultare un disabile per la sua condizione, quello sì che è un punto di non ritorno per una società civile.

La conferma di tutto questo arriva direttamente dalle parole della regista, Isabella Salvetti: «L’idea era di realizzare un corto realistico – dice la regista – Non si può fare finta che la discriminazione, anche quella tra tifosi, non esista. Però il punto è ci sono diversi gradi di discriminazione. Quel finale poi per me è un lieto fine a tutti gli effetti. Il fatto di aver ambientato il corto a Testaccio mi ha permesso di collocare il tutto in qualcosa di autentico, come se fosse un pezzetto di vita vera. Mi ha permesso di rendere il sogno possibile».

Come nasce questo corto? «L’idea di parlare dell’handicap in modo leggero ma provocatorio è mia, però avevo un’idea vaga. Il merito è di chi l’ha scritto, lo sceneggiatore Nicola Guaglianone. Poi io credo di averlo girato bene. Fino alla fine lo spettatore è in imbarazzo per le parole del bambino, che sembra davvero cattivo. In realtà è l’adulto che vede il corto ad avere un pregiudizio».

I tifosi della Roma lo stanno postando sui social network e sui forum: «Sono contenta di questo. Il produttore Andrea D’Addario, che è mio marito tra l’altro, è tifosissimo giallorosso, va sempre allo stadio. Lui adesso è felicissimo, “sta a tremila”. Io rispetto questa passione. Ho letto alcuni commenti e devo dire che qualcuno ha preso in pieno il senso del corto, altri si sono limitati ad un “Forza Roma”: sorrido, però in realtà c’è molto altro».