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Discussione: The Simple Interview - Giovanni e Giacomo Mazzariol

  1. #31
    Administrator Pinguino reale L'avatar di kokoro
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    Quote Originariamente inviato da mip1234 Visualizza il messaggio
    Sinceramente anche a me quando l'ho visto la prima volta non è piaciuto. E neanche la seconda. E poi non l'ho più guardato.
    Ma mi rendo conto che la mia sensibilità sul tema è ancora molto forte.... vorrei che si facessero vedere di più le cose belle, le cose migliori, le potenzialità, non per nascondere i limiti dei nostri figli, ma perché quelli si conoscono fin troppo bene da anni e non vorrei venissero enfatizzati. Lo faccio anche nel mio quotidiano, sia nel mio piccolo (mando agli amici in whatsapp le foto dove Xavi per una volta tiene la lingua in bocca!) sia in associazione (ho scelto di far vedere il film "Yo Tambien", con un attore d'eccezione che distrugge i pregiudizi sulla sindrome, anziché "Colegas", divertentissimo ma in cui le persone con la sindrome di Down rappresentano a mio parere esattamente quello che ci si aspetta da loro).

    Il mio è un percorso appena iniziato ed arriverà il giorno in cui accetterò anche che quelle che adesso vedo come manifestazioni della trisomia siano semplicemente "caratteristiche", è così che vorrei vedere mio figlio un giorno. Però secondo me quando si fa comunicazione (ed oggi è fin troppo facile) al grande pubblico, che già porta con sé un grande carico di pregiudizi e preconcetti, è davvero giusto enfatizzare le potenzialità: invece di far vedere i "non so fare e non so dire" (le risposte del ragazzo) puntare sui "faccio, dico, so" (quella che è davvero la sua vita). Forse l'intento era questo, anche se a mio parere non così ben riuscito.
    Quoto! E non credere che la pensi così solo perché sei a inizio percorso, Emma ha 10 anni e continuo a pensarla così!
    Kokoro... con l'accento sulla terza ò!
    Ovvero Martina, mamma di Giulia (21 anni), Emma (18 anni SdD), Cesare (17 anni)

  2. #32

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    La prima volta che ho visto il video ho pensato chi fosse il deficiente che lo aveva ideato e per quale motivo lo avesse fatto. Qualche giorno dopo un'amica me lo ha contestualizzato raccontando i del fratello. Pensando ad un diciottenne il giudizio si è ammorbidito, ma la finalità ancora mi sfugge.
    Perché proprio un colloquio di lavoro?
    Perché sollevare una tematica tanto delicata?
    E cosa ci racconta il colloquio di Giovanni?
    Se fosse fatto da professionisti sarebbe preoccupante Rita

  3. #33

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    Io non quoto nulla invece, vorrei avere gli attributi giusti e reali per incorniciare la foto di mia figlia mentre riflette chissà che con la lingua li proprio in vista, sua espressione tipica che la rappresenta certamente di più di quella in cui sembra la bambina normo che non è. Me gli attributi non li ho e quindi la foto di mia figlia nei social non c'è. Di foto belle di lei ne ho quante ne voglio (può sembrare proprio normo) e le incornicio pure a casa. Ma fuori dalla mia strettissima cerchia non riesco a presentarla più bella, composta è normale di quella che sia. Mai avuto a che fare con persone con la sindrome prima di averne una proprio come figlia. La guardo ed è bellissima, meravigliosa luce dentro e fuori. Prendo le distanze da ciò che è e guardo ciò che appare agli altri. Andamento più o meno goffo, camminata scimmiesca, sotto stress sbatte i denti, a volte versi incomprensibili, ogni tanto gocciolina sul mento di cui nemmeno si accorge e via quante potrei dirne di lei e di tutti gli altri disabili che vedo, incontro e inevitabilmente ora osservo. Ogni volta smantello la mia istintiva ritrosia verso il diverso mi riprendo per mano e mi costringo a vedere la persona che appare nelle sue possibilità, tante o poche che siano, la riconosco come mio possibile figlio, madre, padre, fratello o sorella, l'empatia emerge e finalmente vedo. Ma ho bisogno di farmela passare attraverso, la disabilità, la devo respirare, vedere, toccare senza abbellimenti, senza che un disabile sembri abbastanza normale. Questo mi interessa, vedere il pezzo che manca, per accorgermi di quello che c'è in quella persona, questo è importante comunicare e far capire. Non voglio che il mondo conosca mia figlia attraverso degli occhiali rosa, le farei un torto. Voglio che tutti sappiano cosa aspettarsi da lei, con tutte le variabili legate all'unicità dell'individuo, poi so che ci sono le eccellenze, i down che quasi "sembrano normali" ben venga, ma non credo rappresentino la "categoria"

  4. #34

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    Intervento "forte" il tuo pollypolly... ma molto in sintonia con il mio sentire. Grazie di cuore per questo intervento.
    Io penso (avevo scritto "ho sempre pensato", ma mi rendo conto che potrebbe anche non essere vero) che mostrare "solo" le possibilità e le qualità sia altrettanto se non più "pericoloso" dell'ignoranza di esse.
    Perchè quando poi si scontra con la realtà... che come tu ci ricordi giustamente, prevede anche "altro"... la gente è portata a pensare di essere stata "imbrogliata", e il risultato è anche peggiore dell'ignoranza che quel messaggio positivo voleva creare.
    Parere mio ovviamente, che non trova riscontro nella moderna tendenza delle campagne di comunicazione a tema.
    Non con la mole vincete o fallite ... siate il meglio di qualsiasi cosa siete
    www.darioweb.com

  5. #35

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    Quote Originariamente inviato da pollypolly Visualizza il messaggio
    Non voglio che il mondo conosca mia figlia attraverso degli occhiali rosa, le farei un torto. Voglio che tutti sappiano cosa aspettarsi da lei, con tutte le variabili legate all'unicità dell'individuo...
    concordo con te e con Sandro. Anche per questo motivo il video del fratello diciottenne mi è piaciuto di più rispetto a quello della campagna mondiale. Pur con tutti i suoi limiti, ha un messaggio molto più dirompente e per certi versi che va in direzione contraria rispetto alla campagna mondiale. Una persona con sindrome di Down non è per forza un mattacchione, nè uno che sta sempre con la lingua di fuori, non è sempre allegro nè sempre innamorato, ma neppure un lavoratore indefesso, un individuo totalmente indipendente... è se stesso, "con tutte le variabili legate all'unicità dell'individuo" e anche alla sua disabilità, che costituisce una parte importantissima e imprescindibile della sua identità. Gli "occhiali rosa", la realtà edulcorata, il mostrare solo i lati migliori sono un boomerang, sia perchè poi alla prova dei fatti molte persone non reggono il confronto (pensiamo all'inserimento lavorativo: "ma come? ho visto dei down che sono cuochi provetti? come mai lui non riesce a sbucciare una mela?", oppure "se sono ben seguiti diventano totalmente autonomi, si vede che in quel caso la famiglia non lo ha seguito come si deve"), sia perchè potrebbero generare sentimenti di inadeguatezza in molti dei "nostri" (lui ce la fa e io sono lontano anni luce) o di eccesso di autostima ("loro vanno a vivere insieme da soli, ci voglio andare anche io") quando poi non ci sono le potenzialità di base.

  6. #36
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    Quote Originariamente inviato da pollypolly Visualizza il messaggio
    Ogni volta smantello la mia istintiva ritrosia verso il diverso mi riprendo per mano e mi costringo a vedere la persona che appare nelle sue possibilità, tante o poche che siano, la riconosco come mio possibile figlio, madre, padre, fratello o sorella, l'empatia emerge e finalmente vedo. Ma ho bisogno di farmela passare attraverso, la disabilità, la devo respirare, vedere, toccare senza abbellimenti, senza che un disabile sembri abbastanza normale. Questo mi interessa, vedere il pezzo che manca, per accorgermi di quello che c'è in quella persona, questo è importante comunicare e far capire. Non voglio che il mondo conosca mia figlia attraverso degli occhiali rosa, le farei un torto. Voglio che tutti sappiano cosa aspettarsi da lei, con tutte le variabili legate all'unicità dell'individuo, poi so che ci sono le eccellenze, i down che quasi "sembrano normali" ben venga, ma non credo rappresentino la "categoria"
    Touchè Pollypolly! E' importante che vengano mostrate le potenzialità dei nostri figli, ma allo stesso tempo non bisogna omologarli il più possibile vicino alla normalità. E' giusto impegnarsi a dare un messaggio che crei i presupposti nella società per opportunità di lavoro e residenzialità (laddove queste potenzialità ci siano), ma allo stesso tempo non ci si può dimenticare che esiste una buona percentuale di ragazzi che, per i motivi più svariati non può essere impiegato con un "vero" lavoro perchè non potrà mai essere produttivo.
    Laddove le caratteristiche cognitive ci sono, l'inclusione o integrazione (comunque vogliate chiamarla) verrà quasi da sola, il problema è invece laddove la disabilità è più evidente, perchè spaventa, isola, e per la comunità diventa più facile far finta di non vedere "perchè tanto lui non è come quello della tv, è una forma grave", arrivando pian piano a non cercarla più l'integrazione del disabile "brutto", perchè tanto l'attuiamo per quelli più "abili"
    "Ieri è storia, domani è un mistero, ma oggi è un dono e per questo si chiama presente"

  7. #37

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    drdlrz
    Una persona con sindrome di Down ... è se stesso, "con tutte le variabili legate all'unicità dell'individuo" e anche alla sua disabilità, che costituisce una parte importantissima e imprescindibile della sua identità.
    pollypolly
    Questo mi interessa, vedere il pezzo che manca, per accorgermi di quello che c'è in quella persona, questo è importante comunicare e far capire.
    Io amo mia figlia e in lei vedo prima la mia bambina, poi la sua "specialità", cioè la sdd, nel senso che per me lei è speciale, nella sua unicità.
    I miei familiari prima vedevano solo ciò che in lei non era down, probabilmente perchè dovevano fare il loro percorso di "accettazione" e ora finalmente riescono a dire "ha la sdd", senza pietismi o altro, .... solo mio papà dice ancora "i bambini come lei" .
    La visione che io vorrei trasmettere della sdd di mia figlia, è lei stessa!
    Chi l'ha vista crescere ha un pò rivisto gli occhiali "grigi" sulla disabilità, frutto di anni di preconcetti, pregiudizi e scarsa fiducia e speranza sulle potenzialità dei nostri figli, che opportunamente seguiti, possono raggiungere buoni livelli di apprendimento e autonomia.
    Molti ancora si stupiscono che Mariasole ha imparato a leggere, altri si sono meravigliati che le persone con sdd si sposano.
    Io sono sempre e comunque positiva su ogni cosa che parla di sdd... perchè parlarne, sia in positivo che in negativo, è comunque sempre migliore dell'indifferenza, anche se odio i "pietismi" tipo...se mi vuoi bene condividi la mia foto sulla tua bacheca.
    Penso che sia giusto, motivo di speranza e di cambiamento, vedere e leggere le conquiste dei nostri figli, i riconoscimenti e l'integrazione sociale, scolastica, lavorativa, i primi approcci a una vita indipendente, le prime coppie conviventi o sposate, ... tenendo però i piedi per terra, con la consapevolezza che non è di tutti o per tutti, ...però, si può! E non trovo giusto a volte, tarpare loro le ali per proteggerli o decidere noi a priori ciò che loro sapranno fare e ciò in cui non ci riusciranno, senza lasciar loro modo di sperimentarsi e di mettersi in gioco, a volte rischiando di non riuscire, ma loro dovranno fare i conti con i propri limiti...lo facciamo anche noi, perchè precluderlo a loro?.
    Non si tratta di occhiali solo rosa, ma di non far vedere solo gli occhiali grigi, trovare una giusta via di mezzo tra le due cose, perchè i nostri figli lo sono entrambe: in certi ambiti possono raggiungere grandi sicurezze, come nello sport, e in altri perdersi in un bicchiere di acqua; possono gestirsi in autonomia con i mezzi di trasporto, e poi magari non sanno dare il resto dei soldi; possono usare tablet e pc, senza saper scrivere con la tastiera.
    Per ogni conquista ci sarà una cosa che non sapranno fare, ma nostro compito è gioire e fare gran festa con loro ad ogni traguardo raggiunto, e sostenerli quando, pur con tutto il loro impegno, non ci riusciranno.
    Ultima modifica di mariasole; 26-04-2015 a 00:37
    La bellezza è nella diversità e nelle"diverse diversità" c'è la vera completezza.

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