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Discussione: Blocchi emotivi

  1. #1

    Predefinito Blocchi emotivi

    Gent.mo dott. Cuomo

    Ci rivolgiamo a lei perchè ci piacerebbe capire l'origine dei "blocchi emotivi" (li chiamo io così, ma non so se sia la giusta terminologia tecnica) che nostra figlia manifesta, praticamente da sempre.
    La bambina attualmente ha 8 anni e mezzo, e questo problema si è andato riducendo molto nel tempo sia come frequenza che come intensità, parallelamente al miglioramento della sua "ansia generalizzata", e questo ci ha sempre portati ad ipotizzare una correlazione tra i due disturbi.

    Tanto per fare un esempio pratico, le descriviamo una situazione che spesso si verifica prima di iniziare le lezioni di pattinaggio, attività sportiva scelta in totale autonomia dalla bambina (poteva anche scegliere di non praticare nessuno sport), che lei aspetta con gioia durante la settimana (spesso chiede lumi su quando andiamo, ed è contenta se si tratta della giornata in corso) e nella quale sta anche ottenendo risultati gratificanti.
    Quando iniziamo a prepararci, infiliamo i copripattini e poi i pattini, e lei inizia a diventare sempre più nervosa e agitata. Si vede che cerca di contenersi, ma l'agitazione sale al culmine quando arriva il momento dell'allacciatura. Il fiocco deve essere fatto esattamente come intende lei, e così il doppio nodo, ma a volte si agita talmente tanto che non riesce più a spiegare come lo vuole. Solitamente riusciamo a sdrammatizzare e a fingere di sistemare meglio il laccio (a quel punto a nulla serve cercare di capire cosa non va, perchè è talmente sopra le righe che non si ottengono risposte comprensibili e coerenti), poi a coprirlo con il copripattino (che deve lasciare un po' scoperto il tacco, come dice lei) e farla partire. Superato questo ostacolo (sembra quasi che tutte queste procedure forzose l'aiutino ad incanalare l'ansia), la bambina inizia gli allenamenti e svolge volentieri l'attività sportiva per tutta l'ora, dopo la quale la ritiriamo tutta contenta e rilassata. Raramente (nell'ordine di 2 volte da settembre), succede che non riesca ad uscire dal circolo vizioso in cui è entrata, continua a rislacciare i pattini e nessun assetto le va bene, fino a che si mette a piangere dicendo che non intende indossarli. Se in seguito tentiamo di parlare con lei dell'episodio, cerca di tagliare corto dicendo che si era un po' arrabbiata, oppure puntando il dito sul fatto che non l'allacciavamo bene.

    Questa è una situazione... episodi simili possono capitare prima di partire per il supermercato, oppure prima di indossare un paio di scarpe nuove, oppure quando ci sono situazioni che vanno ad impattare sulla sua ipersensibilità fisica (es: etichette negli abiti che le danno fastidio) o nella sua esigenza di controllare l'ambiente e le persone che le stanno intorno (ad es: un'apparecchiatura diversa o una persona che non sta ferma mentre lei guarda la TV).

    Noi genitori siamo piuttosto sereni, adesso, di fronte a questi atteggiamenti, perchè abbiamo visto che negli anni si sono ridotti, e contiamo che con la crescita e la maturazione di nostra figlia andranno quasi a spegnersi.
    Però dobbiamo constatare che, adesso che lei è grande, queste "crisi" sono sempre più disturbanti, sia per la ragazzina stessa (la quale poi mostra di vergognarsi per come si è comportata) che per noi familiari (che fatichiamo sempre più a gestirla, anche fisicamente), che per chi le sta intorno (è "normale" vedere il bambino che fa "capricci" a 3 anni... un po' meno a 9).
    Ci piacerebbe quindi capire meglio come dovremmo comportarci (abbiamo anche fatto alcuni "esperimenti", cercando di essere empatici, o sbrigativi, o rigidi, o comprensivi...) e come dovremmo parlare con lei di queste sue strane reazioni per aiutarla a crescere serenamente senza sentirsi per questo "sbagliata".
    Grazie dell'aiuto.
    I genitori di Lucrezia

  2. #2

    Predefinito

    Ecco la risposta:
    Quote Originariamente inviato da cuomo
    Il fatto che gradualmente la bambina sta superando da sola le problematiche
    che mi descrive mi fa ipotizzare che man mano che acquisisce strumenti per
    intervenire nelle relazioni, per riuscire a controllarle, il poter gestire
    le relazioni e gli eventi gli permette di poter operare un "filtraggio" tra
    gli eventi vissuti da lei positivamente e quelli vissuti negativamente. Il
    poter selezionare e dintervenire smepre più attivamente in questa selezione
    degli eventi e di avvenimenti è una graduale conquista della bambina; ciò
    forse ci sottoliena un'attenzione, quella di non invadere la bambina di moli
    stimoli, attività, esercizi,..., in quanto se non vi è un tempo più vuoto ma
    questo è sempre pieno di cose da fare la bambina si sente invasa. Fare poche
    attività di alta qualità è molto più utile che invadere il tempo di una
    bambina di infinite attività. Infatti assito a bambini con sindrome di Down
    che hanno un'agenda più piena di impegni di un manager. Si inizia dalla
    mattina presto e si termina quasi prima di cena tra scuola, riabilitazione,
    equitazione, psicomtricità, sport, logopedista, fisioterapista, ippoterapia,
    ..., e il sabato e la domenica vi è il catechismo e la gita con tante tante
    osservazioni da riportare a scuola. Inoltre anche i percorsi che portano i
    bambini da un puinto all'altro delle attività hanno tanti incontri, la zia,
    la vicina di casa, la slaumiera, la lattaia,..., ai quali bisogna dimostrare
    di essere svegli, intelligenti, capaci, di parlar bene e chiaro. Un provare
    permanentemente di essere in grado.
    Per quanto riguarda le scelte che voi dite "in totale autonomia" e
    continuate "la bambina poteva anche scegliere di non fare sport" anche
    questa dimensione deve essere attentamente valutata. In un sistema in cui i
    bambini sindrome di Down percepiscono che il fare viene molto più apprezzato
    dal contesto che rinunciare a fare quasi certamente scelgonoil fare, ciò
    perché ha un riscontro negli occhi felici di chi sta intorno. Per quanto
    riguarda la scelta, in questo caso dello sport, è possibile che si scelgano
    delle attività sportive per il piacere di vederle ed è un ambito che è
    sollecitato dal desideiro che dal saperlo e velerlo fare. In questo caso mi
    dite che la bambina esegue molto bene le attività pertanto penso che il
    desiderio sia stao coincidente con la capacità di apprendere. Altro elemento
    da tenere in considerazione è il piacere, l'emozione di andare a fare o di
    fare tra pco ciò che mi piace. È un'emozione molto forte e questa può dare
    la sensazione alla stessa bambina di tensione ed ai genitori può far
    percepire tale tensione come nervosismo, ansia,... Molte volte il forte
    desiderare da tale parvenza e può anche somigliare al non voler fare. È
    consigliabile spostare il centro dell'attività non solo sull'obiettivo tempo
    di andare sui pattini, ma dilatando l'attività ad un tempo significativo
    prima per organizzarsi e ad un tempo significativo dopo, ricordare, rivivere
    le sensazioni piacevoli provate. Tale dilatazione temporale può proporre
    cognitivamente ed emozionalmente un accomodamento tale per cui l'avere
    tempo, il poter immaginare, il parlarne durante la preparazione, la messa
    dei pattini, senza fretta ed il riflettere dopo, il ripercorrere mentalmente
    i bei momenti vissuti, "allena" a gestire le emozioni ed a organizzarle in
    modo da non divenire un turbine, una concentrazione che si può esprimere con
    un comportamento giuducabile quale ansioso. L'essere puntigliosi sul fare il
    fiocco, su certi movimenti, può essere prorpio il cercare di gestire il
    tempo liberandosi dalla fretta, dal poco tempo a disposizione, una pressione
    che se anche non espressa è molto percepibile da bambini sensibili come
    penso sia la vostra bambina. Dilatare i tempi quindi diventa un consiglio
    generale, bisogna tenere molto conto che il prima di fare, il prepararsi
    per, è un tempo da gustare ed il piacere che si prova in questo tempo
    preparatorio, in questo caso per pattinare, può divenire più forte dello
    stesso pattinare. Come il ricordare dopo il ritornar sopra all'attivià
    svolta, il riflettere sulle piroette, il ridere sulla scivolata, ..., apre
    uno spazio alla memoria anedottica che è quella che permane nel tempo. Più
    che gli eventi si ricordano gli aneddoti che in quegli eventi sono capitati.
    L'attività di pattinagigo in tale dimensione può rientrare nel vissuto
    piacevole dei ricordi.
    Come ho detto inizialmente negli anni, molto probabilmente con la capacità
    di gestire della bambina si riducono quelle che voi definite ansie, ma una
    riflessione e dun confronto con un esperto vi ossono permettere di non
    attendere che siano solo gli anni e la bambina a superare il problema ma che
    ci sia anche l'aiuto dei genitori (i genitori pososno essere molto saggi ma
    non essere tuttologhi, il ocnfronto con un esperto nel settore può fornire
    chiavi concettuali che pososno aiutare nel processo di maturazione).
    Cordiali saluti

    Nicola Cuomo
    Lo staff di Pianetadown.org

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