Elena, la tua poesia mi e' piaciuta tantissimo!!!
Ed anche il pensiero di Rayssa, soprattutto il finale, che esprime tutto l'amore per la tua bimba.
Vi faccio leggere un paio di cose che ho scritto...
Prima un passo del mio libro, che parla della prima bimba con la quale ho lavorato ( 6 anni, con idrocefalo e ritardo mentale grave),
Poi un racconto(un po' lungo, scusate) uno sulla Sindrome di Williams. Spero vi piacciano!!
CECILIA: "Entrai e chiusi la porta.
Lei era gia’ scomparsa dentro ad una pallestra, una di quelle piscinette piene di palline di plastica colorate che si trovano alle fiere, e tra le palline emergevano soltanto la sua testolina spettinata ed i suoi occhioni che fissavano il nulla.
Come per magia si era calmata, aveva smesso di urlare e giaceva la’ dentro, immobile e silenziosa, allora mi tolsi le scarpe e mi sdraiai di fianco a lei, lasciandomi sommergere dalle palline.
Ci guardammo.
Si’,proprio cosi’, lei mi guardo’, quasi negli occhi, come se mi vedesse per la prima volta, come se si stesse risvegliando da un lungo sogno, ed io rimasi li’ a fissarla, non osando neppure respirare per non rompere l’incanto. Dopo pochi secondi distolse lo sguardo, e per attirare la sua attenzione mi misi a cantare una canzone dello Zecchino d’Oro che amavo da bambina : “Sono nata in uno strano paese/ inventato settecento anni fa/ da un tedesco , un italiano e un francese/..” Cecilia riprese a guardarmi, attenta e presente come non l’avevo mai vista. Allora abbaiai e miagolai , mettendomi una pallina in testa ( meno male che nessuno poteva vedermi!!), ed in quel momento il suo viso si apri’ in un enorme sorriso, e prese a dare bacini all’aria, facendo schioccare forte le labbra.
Ero elettrizzata, allora c’era qualcosa in quella bambina!!
La imitai, e dopo un po’ mandavamo tutt’e due tanti bacini all’aria e sorridevamo.
Non ero mai stata cosi’ felice, era incredibile quello che stava succedendo… avrei voluto che quel momento durasse per sempre."
"
Meta’ Aprile. Cecilia continuava a fare piccoli miglioramenti, passi avanti impercettibili per la gente che guardava da fuori, ma per lei risultati eccezionali, che solo un paio di mesi prima mi sarebbero sembrati pura fantascienza.
Ormai la piccola imitava gesti e suoni, aveva imparato a comunicarci alcuni suoi desideri, quali bere o ascoltare la musica, tentava di chiudere da sola la bottiglia dell’acqua, e rispondeva a semplici consegne, come raccogliere un quaderno o mettere via i giocattoli.
Nella palestra, gli esercizi che le proponevo erano piu’ complessi, cercavo addirittura di farle combinare piu’ sillabe.
Sapevo che non avrebbe forse mai imparato a parlare, ma solo il fatto che sapesse produrre vari suoni mi sembrava utile per la sua autonomia, come forma di comunicazione.
Un pomeriggio, stavamo cantando con i bambini. Deepak e Luigi collaboravano, ma Jessica era altrove, e ripeteva senza sosta “ Mamma..Papa’..Mamma…”, intervallati da risate tra se’ e se’.
Cecilia, che stava tendendo il tempo con il mio aiuto, smise di seguire la canzone e guardo’ Jessica…. “Maa…MMMMaa….” Fece, rivolta verso la ragazzina.
Aveva collegato due sillabe! Aveva detto Mamma!
La abbracciai e glielo feci ripetere.
Non era una parola. Lo sapevo. Non aveva detto veramente “ mamma”, perche’ non c’era intento comunicativo in quelle due sillabe, e nessuna comprensione ne’ intenzionalita’.
Ma aveva ripetuto una parola, la sua prima parola."
RACCONTO " UN HOBBIT DAI CAPELLI ROSSI " ( 2007
Numerose fiabe e leggende popolari hanno come protagonisti gli gnomi : creature che vivono nei boschi, di bassa statura, con i lineamenti del viso molto pronunciati, gli gnomi sono simpatici, socievoli e cordiali, amano parlare e raccontare storie.
Alcuni testi di psicologia ipotizzano che essi siano in realta’ persone con la Sindrome di Williams, e io sono d’accordo.
Forse anche Tolkien pensava a persone Williams quando scriveva dei suoi Hobbit, anche loro piccoli, allegri, con i capelli ricci ed una spiccata passione per la musica, il canto e la danza.
E quella bambina mi ricordava proprio un Hobbit.
Si chiamava Valeria, mi dissero. Furono gli altri bambini a dirmi il suo nome, perche’ lei non parlava, a causa di una malformazione alle corde vocali che tra l’altro era indipendente dalla Sindrome.
Di solito, infatti, il linguaggio e’ proprio uno dei punti di forza di questi bambini, che sono dei veri chiacchieroni fin da piccolissimi, nonostante il ritardo mentale.
Valeria aveva otto anni. Era piccola ma piuttosto robusta, con il viso paffuto, le labbra carnose e il naso a patata; ed una combinazione di caratteristiche insolite : capelli rossi, corti e ricci, ed occhi bellissimi , di un verde smeraldo che mi ricordava il mare della Sardegna.
Me la presentarono, e due secondi dopo lei non c’era piu’. Sparita. Era andata a nascondersi da qualche parte in quella stazione enorme, e non voleva saperne di farsi trovare.
Ma dovevamo partire, il nostro treno sarebbe arrivato tra poco, quindi decisi di mettere a tacere la psicologa che era in me, che mi diceva di agire con calma per darle il tempo di ambientarsi , ed andai a cercarla.
Chiesi ai viaggiatori in sala d’attesa se l’avessero vista, ma nessuno ci aveva fatto caso.
Controllai il bar, il Mc Donald’s , i bagni, i binari...ma niente.
Andai all’ufficio oggetti smarriti, dove mi presero per pazza, perche’ una bambina non e’ esattamente un oggetto smarrito…
Mancavano dieci minuti alla partenza, ed iniziavo a sentire il panico salirmi fino allo stomaco, non sapevo proprio cosa fare.
Era forse salita sul treno sbagliato? Si era nascosta in una carrozza di un treno che poi era partito?
O l’avevo soltanto immaginata? Esisteva davvero, quel folletto con i capelli rossi…?
Alla fine la trovai. Era accucciata in mezzo agli scaffali del negozio di dolciumi, intenta a servirsi a piene mani da un sacchetto di caramelle, che in parte si infilava in bocca ed in parte metteva in tasca, ed ormai la tasche dei suoi pantaloni traboccavano di gelatine di tutti i colori.
“ Ma ti sembra il momento di giocare a nascondino?? “ la rimproverai cercando di restare seria, perche’ dopotutto la scena era quasi comica, e poi se avessi avuto otto anni anch’io avrei scelto come nascondiglio un negozio di caramelle…
Lei si giro’ mostrandomi la lingua , e con una risatina divertita prese a correre in direzione del nostro binario, sul quale ci aspettavano gli altri.
E questo era solo l’inizio.
Durante il viaggio in treno rimase stranamente tranquilla. Guardava fuori dal finestrino con un’espressione assorta, come se volesse imprimere nella sua mente tutto quello che vedeva , per poterlo rivivere una volta diventata grande.
Io non parlavo per non disturbarla, perche’ dava davvero l’impressione di essere concentrata su qualcosa di molto importante.
Dopo quasi un’ora, pero’, il suo sguardo divenne meno attento, lentamente gli occhi le si chiusero e lei si addormento’, con la testa appoggiata alla mia spalla ed una manina stretta tra le mie.
Arrivammo all’hotel per cena, ma i bambini erano talmente stanchi che mangiarono poco e vollero andare subito nelle stanze, anche se la felicita’ di essere in vacanza e la curiosita’ di trovarsi in un posto nuovo presero il sopravvento sulla stanchezza, e per tutta la notte l’albergo risuono’ delle risate e delle chiacchiere di venti piccole pesti alte un metro scarso.
Valeria saltava sul letto, senza emettere neanche un suono, ma battendo le mani , ed ogni tanto parlava tra se’ e se’ in una lingua dei segni nota solo a lei, che sul momento mi sembrava indecifrabile.
Il giorno seguente iniziammo a conoscerci, e mi resi conto di avere a che fare con una bambina molto intelligente ed acuta osservatrice nonostante i suoi handicap, dotata di una personalita’ forte e determinata, e spesso persino ribelle e da “maschiaccio”.
Pur non parlando capiva perfettamente tutto quello che le veniva detto, e comunicava senza problemi con chiunque, usando i suoi gesti , il corpo e le espressioni del viso .
Amava giocare con i maschi, e soprattutto con quelli piu’ grandi di lei, che fisicamente la sovrastavano ed avrebbero potuto sollevarla con una mano o farle del male, se avessero
voluto.
Ma per lei non era un problema.
Si buttava in mezzo a loro pretendendo di sfidarli in una lotta a corpo libero o in una partita a calcetto, si faceva accettare, che loro lo volessero o no, e molto spesso risultava essere un membro prezioso della squadra e un’avversaria agguerrita.
Anche con me sfogava il suo temperamento, e quando non voleva fare qualcosa non c’era verso di convincerla, doveva a tutti i costi decidere lei.
Dopo cena ci riunivamo nel salone dell’hotel per divertirci con la musica, ed i bambini cantavano e ballavano per tutta la serata.
La felicita’ e l’amore per la vita che trasmettevano non si possono descrivere a parole, ma riempivano l’aria e si diffondevano per la stanza, tanto che spesso anche gli altri clienti dell’albergo scendevano nel salone e si sedevano a guardare i nostri bambini.
Valeria era come sempre tra i piu’ scatenati. Ballava e saltava, ridendo a crepapelle.
Aveva una risata acuta ma piena, come il suono di migliaia di monetine che cadono tutte insieme.
Una sera pero’ vidi che si era allontanata dal gruppo e si era seduta sul dondolo, sotto il portico.
Si dondolava con una gamba, l’altra piegata a nascondere il viso, e si copriva gli occhi con le mani.
In silenzio gliele spostai, e vidi che stava piangendo.
I suoi splendidi occhi verdi erano gonfi ed arrossati,e respirava affannosamente.
“ Che cosa c’e’? – chiesi un po’ in apprensione- ti hanno fatto qualcosa?”
Scosse la testa, ed a gesti mi spiego’ che si era divertita molto in quella vacanza, e non voleva tornare a casa.
Le dissi che non sarebbe finito tutto li’, ma avrebbe rivisto in altre occasioni sia me che i bambini.
Lei abbozzo’ un sorriso e mi abbraccio’, e rimanemmo a dondolarci osservando le stelle, mentre la musica ci arrivava attutita e lontana.
L’ultimo giorno, i genitori vennero a riprendere i bambini.
La mamma di Valeria disse alla bimba che l’avrebbe portata a casa di Anna, con la quale lei aveva fatto particolarmente amicizia.
Valeria fece un largo sorriso e batte’ le mani, si dimentico’ all’istante della tristezza della sera precedente, e se ne ando’ senza neanche guardarmi.
Non mi aveva neppure salutata, ma forse era giusto cosi’.
La sua vita era altrove, ed a me bastava averla accompagnata per una parte del suo percorso.
Quando ripenso a lei, pero’, mi chiedo se non fosse davvero uno dei folletti di cui parlano le fiabe , e se avventurandomi nel bosco non potro’ un giorno ritrovare il mio piccolo Hobbit dai capelli rossi. "
Segnalibri