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francesco
03-05-2007, 15:43
Anticipazione -Il libro sarà disponibile dal 17 maggio

Figlia del silenzio di Kim Edwards

“Suo padre aveva assistito alla nascita dei suoi figli gemelli, aveva seguito la procedura che conosceva a memoria, attento alle pulsazioni, al battito cardiaco della donna distesa sul lettino, alla dilatazione, fino alla comparsa della testa del bambino. Poi il respiro, la tonicità, le dita delle mani e dei piedi. Un maschio. All’apparenza perfetto, e un canto aveva cominciato a farsi strada nella mente di suo padre. Un momento dopo, l’altro bambino. E il canto si era interrotto.”

Questo primo romanzo di Kim Edwards, che ha ottenuto uno straordinario successo negli Stati Uniti, sta per uscire anche nelle librerie italiane: non fatevelo sfuggire!
Il consiglio nasce dall’emozione e dalla commozione che fin dalle prime pagine Figlia del silenzio suscita nel lettore per la capacità di rappresentare i contraddittori moti del cuore dei vari protagonisti e per la sensibilità nell’affrontare alcuni temi complessi e cruciali nel mondo odierno come l’handicap, il rapporto genitori-figli, l’angoscia che può distruggere un nucleo familiare.

In breve la storia. In una notte d’inverno, quando una tormenta di neve rende impossibile raggiungere un ospedale, il dottor David Henry è costretto a far partorire la giovane moglie Norah in condizioni di fortuna, assistito solo dalla fidata infermiera Caroline. Quando nasce un bambino, bello e robusto, tutto sembra risplendere anche se fuori la neve cade sempre più fitta, ma ecco la terribile sorpresa: il parto è gemellare e nasce un secondo bambino, anzi una bambina. La verità si fa subito chiara agli occhi del padre medico: la piccola è affetta dalla sindrome di Down. Impossibile per David dire la verità alla moglie, la ama troppo per farla soffrire e così, guidato da un cieco impulso, decide di consegnare la bambina all’infermiera perché la chiuda in un istituto, facendo credere alla moglie che la piccola sia morta subito dopo la nascita.
Quell'inganno graverà su di lui per sempre, così come quel “lutto” non verrà mai rielaborato dalla moglie, incapace di perdonare al marito di non averle neppure fatto vedere il corpicino della figlia morta.
Tutta la vita di quella famiglia che avrebbe potuto essere felice, compresa l’infanzia e la giovinezza del figlio Paul, sarà condizionata dal peso di un silenzio, di una colpa, di una perdita.

Ma per la bambina (si chiamerà Phoebe, così come la madre avrebbe voluto) invece il destino non sarà l’esclusione sociale prigioniera dell’istituto a cui il padre l'aveva destinata, ma l’amore forte e combattivo di Caroline che decide di tenere con sé la piccola e di crescerla lottando perché le siano riconosciuti i diritti elementari di un essere umano, affrontando, come una vera madre, sacrifici economici e battaglie civili per sconfiggere i troppi pregiudizi che circondano chi nasce con minori chances.

Tante le vicissitudini dell’una e dell’altra vicenda familiare che ci vengono presentate in parallelo e con gli inevitabili intrecci.
Una storia che mostra quanto la vita segua strade imprevedibili, quanto l’amore materno sia una conquista e non solo un fatto genetico, quanto questa società (anche se la duplice nascita è datata 1964) sia crudele e ingiusta e quanto possa condizionare anche le scelte di genitori meno consapevoli.
Un’altra delle doti di questa scrittrice è l’aver saputo presentare una storia emotivamente molto coinvolgente senza mai cadere nella retorica e senza utilizzare espedienti narrativi che esasperino la drammaticità della vicenda.
E ancora. Kim Edwards sembra invitare a non giudicare mai i comportamenti altrui: è troppo difficile conoscere le motivazioni profonde che spingono un uomo o una donna a compiere azioni che, chi non è coinvolto in prima persona, spesso condanna con severità. Insomma una di quelle letture che restano, che segnano e che finiscono con l'appartenere al bagaglio di esperienze umane oltre che culturali, di ogni lettore.

Figlia del silenzio di Kim Edwards
Titolo originale: The Memory Keeper’s Daughter
Traduzione di Luciana Crepax
414 pag, € 18.60 - Edizioni Garzanti
ISBN 978-88-11-68600-2

Alcune pagine cruciali

Lui sedette sullo sgabello di fronte al lettino e allungò una mano nella calda, morbida cavità del corpo di sua moglie. Attraverso il sacco amniotico ancora intatto, sentì la testa del bambino liscia e dura come una palla da baseball. Suo figlio. Il padre, pensò, avrebbe dovuto passeggiare su e giù nella sala d'aspetto. Nella stanza c'era una sola finestra, le tende erano chiuse e, mentre ritirava la mano da quel calore, si scoprì a chiedersi se stesse ancora nevicando.
«Phoebe», disse sua moglie. Non le vedeva il viso, ma la voce era ferma. Per mesi avevano discusso sulla scelta dei nomi e non avevano preso nessuna decisione. «Se è una bambina, Phoebe. Se è un maschio Paul, come il mio prozio. Non te l'avevo detto?» chiese lei. «Volevo dirtelo. Ho deciso.»
«Due bei nomi», osservò l'infermiera, tranquilla e gentile.
«Phoebe e Paul», ripetè il dottore, ma era concentrato sulla dilatazione. Fece un cenno all'infermiera che preparò l'anestetico. All'epoca del suo internato, le donne venivano addormentate durante tutto il travaglio, ma i tempi erano cambiati, si era ormai nel 1964, e lui sapeva che Bentley seguiva un criterio scrupolosamente selettivo nell'uso dell'anestetico. Era meglio tenere sveglia la madre per favorire le spinte e poi addormentarla al momento delle contrazioni più dolorose e della nascita. Sua moglie inarcò il corpo e gridò, il bambino si spostò nel canale del parto e il sacco amniotico si ruppe.
«Ora», disse il medico, e l'infermiera applicò la mascherina sul viso di sua moglie. Lui la sentì a poco a poco allentare le braccia, aprire le mani che aveva tenuto strette, mentre il suo corpo veniva percorso dalle contrazioni.
«Si sta svolgendo tutto rapidamente, anche se si tratta di un primo figlio», osservò l'infermiera.
«Sì, finora mi pare che vada tutto bene.»
Passarono così una mezz'ora. Ogni tanto sua moglie si svegliava, si lamentava e spingeva: quando lui aveva l'impressione che non ce la facesse più, bastava un cenno all'infermiera che le dava dell'altro anestetico. Fuori la neve continuava a cadere, si accumulava lungo i muri delle case, riempiva le strade. Il medico era seduto su una sedia di acciaio, concentrato solo sull'essenzialità di quanto stava avvenendo. Aveva fatto nascere cinque bambini durante gli anni di praticantato, tutto era andato bene e ora continuava a pensarci e a cercare di ricordare quali particolari si fossero rivelati utili durante l'assistenza. Intanto sua moglie, distesa con le gambe nelle staffe e la pancia così grande da nascondere il viso, diventava a poco a poco come una partoriente qualsiasi. Non gli venne in mente di farle una carezza rassicurante. Era l'infermiera a tenerle la mano durante le spinte. Per il medico, attento a come procedeva il parto, lei doveva essere una paziente come tutte le altre: era necessario, più del solito, mantenere l'emotività sotto controllo. Mentre il tempo passava, riprovò la strana impressione che aveva avuto a casa, in camera da letto. Cominciò a sentirsi estraniato dal luogo dove stava awenendo la nascita, come se osservasse tutto da lontano. Si vide praticare impeccabilmente l'incisione per la episiotomia. "Un lavoro ben fatto", pensò, mentre il sangue sgorgava su un telo di lino pulito, senza permettersi di ricordare quante volte aveva appassionatamente toccato quella parte del corpo di sua moglie.
Si intravide la testa del bambino che, dopo altre tre spinte, emerse del tutto. Il corpo scivolò fuori nelle mani che lo attendevano e il neonato gridò forte, mentre la sua pelle livida diventava rosea.
Era un maschio, la faccia arrossata, i capelli neri, gli occhi vigili, insospettiti dalle luci e dallo schiaffo fresco dell'aria. Il medico legò il cordone ombelicale e lo tagliò. "Mio figlio." Si concesse questo pensiero. "Mio figlio."
«È bello», disse l'infermiera. Aspettò che lui esaminasse il neonato, il battito del cuore, rapido e regolare, le mani dalle dita lunghe, i capelli folti, poi lo portò nell'altra stanza per lavarlo e mettergli le gocce di nitrato d'argento negli occhi. Le grida risuonarono nell'aria e sua moglie si mosse. Il medico restò fermo, le tenne una mano su un ginocchio in attesa del secondamento. "Mio figlio", pensò di nuovo.
«Dov'è il bambino?» chiese sua moglie, mentre apriva gli occhi e si scostava i capelli dal viso sudato. «È andato tutto bene?»
«È un maschio», le rispose con un sorriso. «Abbiamo un figlio. Lo vedrai dopo il bagno. È perfetto.»
La faccia di sua moglie, rilassata dal sollievo e dalla stanchezza, all'improvviso s'irrigidì: c'era stata un'altra contrazione. Lui, pensando al secondamento, tornò a sedersi sullo sgabello tra le sue gambe sollevate e premette leggermente una mano sul suo addome. Lei emise un urlo e, in quello stesso momento, lui capì che cosa stava succedendo. Trasalì.
«Va bene», disse, «va tutto bene. Infermiera!» chiamò, mentre arrivava un'altra contrazione.
«Il bambino ha nove nella scala di Apgar», annunciò l'infermiera. «È un ottimo punteggio.»
«Infermiera», insistette il medico, «ho bisogno di lei, subito!»
La donna rimase per un attimo confusa, poi mise due cuscini sul pavimento, vi depose il neonato e si avvicinò al medico.
«Serve dell'altro anestetico.» Lei parve sorpresa, ma subito fece segno di aver capito e obbedì. Il medico tornò a stringere il ginocchio di sua moglie e sentì la tensione muscolare allentarsi sotto l'azione dell'anestetico.
«Gemelli?» chiese l'infermiera.
Il medico annuì. Era sconvolto. "Calma", disse a sé stesso, mentre appariva la seconda testolina, "sei in una sala parto qualsiasi." Abbassò lo sguardo sulle proprie mani che lavoravano con metodo e precisione. "È un parto come tanti altri."
Il secondo neonato era più piccolo e nacque facilmente. Scivolò fuori così in fretta che, quasi temendo che potesse cadere, il medico si sporse in avanti per fermarlo. «È una bambina», disse, e la tenne tra le braccia come un pallone da calcio, a faccia in giù, battendole la mano sulla schiena, finché non la sentì piangere. Poi la voltò per guardarla.
Una cremosa patina bianca avvolgeva la pelle delicata, il corpo viscido era coperto dal liquido amniotico con tracce di sangue. Indifferente all'azzurro degli occhi e al nero dei capelli, osservava quei tratti inconfondibili: il taglio degli occhi obliquo come di chi sta ridendo; la piccola ripiegatura semilunare, l'epicanto, all'angolo interno degli occhi; il naso schiacciato. Un esempio classico, aveva detto anni prima il suo professore, quando avevano esaminato un neonato uguale a quello che ora aveva tra le braccia. Mongoloide. Sapete che cosa significa? E il medico, scrupolosamente, aveva elencato i sintomi: ipotonia muscolare, limitate capacità di apprendimento, possibili complicazioni cardiache, morte precoce. Il professore aveva appoggiato lo stetoscopio sul petto nudo e liscio del bambino. Povero piccolo. Non si può far niente per lui, solo tenerlo pulito. Per risparmiarsi tanti dispiaceri non ci sarebbe altro che metterlo in un istituto.
Il medico si sentì trasportare indietro nel tempo. Sua sorella era nata con una imperfezione cardiaca ed era cresciuta faticosamente, con il respiro che andava e veniva. Per molti anni, fino a quando non erano andati per la prima volta a Morgantown, non avevano capito di che cosa si trattasse. Poi era stata fatta una diagnosi, ma era infausta. Sua madre le aveva dedicato tutta l'attenzione possibile, ma a dodici anni la bambina era morta. Lui, allora, abitava in città e frequentava la scuola superiore, già deciso a seguire gli studi di medicina, a Pittsburgh. Ma ricordava l'abisso di dolore di sua madre, le sue visite assidue alla tomba in cima alla collina.
L'infermiera, in piedi accanto a lui, guardò la bambina.
«Mi dispiace, dottore», disse.
Lui teneva la neonata in braccio, dimentico di quello che avrebbe dovuto fare. Le manine erano perfette. Ma lo spazio tra gli alluci e le altre dita sembrava un dente mancante e, quando le guardò gli occhi più attentamente, vide nelle iridi le macchie di Brushfield, piccole e staccate l'una dall'altra come puntolini di neve. Immaginò il suo cuore, delle dimensioni di una prugna e probabilmente imperfetto, pensò alla camera preparata a casa così accuratamente, con gli animali di pezza e una sola culla. Si ricordò che sua moglie si era fermata sul marciapiedi davanti alla loro casa luccicante di neve e aveva detto: Il nostro mondo non sarà più lo stesso.
La mano della bambina sfiorò la sua e lui si riscosse. Meccanicamente compì le azioni abituali. Tagliò il cordone ombelicale, controllò il cuore e i polmoni. Intanto pensava alla neve, all'automobile argentata slittata in un fosso, al silenzio profondo che lo circondava. Più tardi, nel rammentare quella notte, e l'avrebbe fatto spesso nei mesi e negli anni a venire, erano il silenzio della stanza e la neve che cadeva ininterrottamente a tornargli in mente.
«Bene, la lavi, per piacere», disse, e trasferì la neonata nelle braccia dell'infermiera. «La tenga nell'altra stanza. Non voglio che mia moglie lo sappia. Non subito.»
L'infermiera annuì e si allontanò. Poco dopo ricomparve e mise l'altro bambino nella culla di tela che avevano portato da casa. Il medico adesso era impegnato con le placente che, uscite senza difficoltà, erano scure e pesanti, ciascuna delle dimensioni di un piattino. Gemelli biovulari, un maschio e una femmina, uno visibilmente perfetto, l'altra segnata dalla presenza di un cromosoma in più in ogni cellula del suo corpo. Quale sarebbe stato il peso della differenza? Suo figlio, nella culla portatile, ogni tanto agitava le mani con movimenti rapidi, fluidi, come se fosse ancora nel grembo materno. Il medico iniettò altro sedativo a sua moglie, poi si chinò a ricucire l'episiotomia. Era quasi l'alba, dalla finestra entrava una debole luce. Guardò muoversi le proprie mani e pensò a com'erano belli quei punti di sutura, piccoli e regolari come quelli della copertina che lei aveva ricamato.
Finito il suo lavoro, il medico trovò l'infermiera seduta su una sedia a dondolo nella sala d'aspetto. Aveva la bambina tra le braccia e la cullava. Alzò gli occhi, senza parlare, e lui si ricordò della notte in cui lo aveva sorpreso a dormire.
«C'è un posto», le disse mentre scriveva sul retro di una busta un nome e un indirizzo. «Vorrei che la portasse lì. Quando farà giorno, naturalmente. Preparerò un certificato di nascita e telefonerò per avvertire del suo arrivo.»
«Ma sua moglie...», ribattè l'infermiera e lui avvertì la sorpresa e la disapprovazione nella sua voce.
Pensò a sua sorella, pallida e magra, a quando le mancava il respiro e a sua madre che voltava il viso verso la finestra per nascondere le lacrime.
«Non vede?» disse. «Questa povera bambina avrà quasi certamente una
malformazione cardiaca. Una malformazione mortale. Sto cercando di risparmiare alla mia famiglia questo terribile dolore.»
L'infermiera lo guardava: la sua espressione era sorpresa e impenetrabile. Il medico parlava con convinzione. Credeva alle proprie parole. Non gli venne nemmeno in mente che lei avrebbe potuto rifiutarsi di fare una cosa simile. Non immaginava, come gli sarebbe successo più tardi quella notte e tante altre notti in futuro, in che modo stava mettendo tutto in pericolo. Invece, la lentezza dell'infermiera nel rispondergli lo rese impaziente e a un tratto si sentì molto stanco; lo studio che conosceva così bene gli parve un luogo estraneo. L'infermiera lo fissava con occhi muti. Lui la guardò a sua volta, con fermezza, e alla fine lei fece un cenno di assenso con la testa, così lieve da essere quasi impercettibile. «La neve», mormorò l'infermiera, abbassando gli occhi.

Ma a metà mattina la tempesta era quasi passata e in lontananza il rumore degli spazzaneve strideva nell'aria calma. Dalla finestra del piano di sopra lui guardò l'infermiera liberare l'automobile blu dalla neve e allontanarsi in quella distesa bianca. Sul sedile posteriore, la bambina dormiva, nascosta in uno scatolone foderato di coperte. Vide l'automobile svoltare a sinistra e sparire. Allora tornò indietro e si mise a sedere.
Sua moglie dormiva, i capelli biondi sparsi sul cuscino. Ogni tanto anche lui si addormentava. Poi si svegliava, fissava il parcheggio vuoto, il fumo che usciva dai camini di là dalla strada e pensava alle parole che avrebbe detto. Avrebbe affermato che non era colpa di nessuno, che la loro figlia era in buone mani, insieme ad altri bambini come lei, assistita incessantemente. E che quella era la soluzione migliore per tutti.
Nella tarda mattinata, quando non nevicava più, il piccolo si mise a piangere perché aveva fame e sua moglie si svegliò.
«Dov'è il bambino?» chiese, sollevandosi sul gomito e liberandosi il viso dai capelli. Lui lo teneva in braccio, caldo e leggero: le sedette accanto e glielo diede.
«Come stai, mio tesoro?» le disse. «Guarda com'è bello nostro figlio. Sei stata coraggiosa.»
Lei baciò il bambino sulla fronte, poi si slacciò la camicia da notte e lo accostò al seno. Il bambino si attaccò subito. Lui le prese la mano libera e si ricordò di come lei l'aveva tenuta stretta alla sua, affondandogli le ossa delle dita nella carne. Si ricordò dell'intensità con cui aveva desiderato proteggerla.
«Va tutto bene?» chiese lei. «Amore, che cosa c'è?»
«Abbiamo avuto due gemelli», le disse lentamente, pensando ai capelli neri, ai piccoli corpi scivolosi che aveva tenuto tra le mani. Gli vennero le lacrime agli occhi.
«Un bambino e una bambina.»
«Oh, una bambina!» esclamò lei, «Phoebe e Paul. Ma dov'è la bambina?»
Lui pensò che le sue dita erano fragili, come le ossa di un uccellino.
«Amore», continuò, ma gli si spezzò la voce e non trovò più le parole che aveva preparato con tanta attenzione. Chiuse gli occhi e quando riuscì a parlare di nuovo, le labbra pronunciarono parole diverse da quelle che aveva preparato.
«Amore mio, soffro tanto. La nostra bambina è morta appena nata.»

© Garzanti Libri

L'autrice

Kim Edwards insegna Letteratura inglese alla University of Kentucky. È autrice di una raccolta di racconti, The secreti of the fire King, con la quale ha vinto premi prestigiosi tra cui il Whiting Award, il Nelson Algren Award e il Kentucky Literary Award. È stata anche finalista del famosissimo PEN/Hemingway Award.
Figlia del silenzio è il suo primo romanzo. Vive a Lexington, nel Kentucky, con il marito e le e le due figlie.

Barbara
03-05-2007, 16:08
Grazie per il consiglio letterario, sicuramente l'acquistero', perche' tutti i libri che mi sono stati consigliati in questo sito sono molto belli. :wink:

mariafatima
03-05-2007, 17:27
Grazie, Francesco. Il tuo libro sarà per me più prezioso di quanto tu non possa nemmeno immaginare.
Anna Maria

francesca
03-05-2007, 17:55
Mi hanno detto (il Presidente dell'ARDA di Pescara che ha avuto una copia in anteprima) che è un libro bellissimo :D
Lo comprerò anch'io :)

gigliorosa
03-05-2007, 18:07
Grazie Francesco.
Che freddo al cuore sto provando.
Non molto tempo fa io ci sono passata dall'esperienza di vedere quegli occhi, quegli occhi di cui ora non potrei più fare a meno, ma che allora mi spaventarono e mi diedero tanto dolore.
Che freddo la neve....
Che freddo la solitudine, l'ignoranza e l'egoismo.
Davvero, se non avessi un marito meraviglioso che mi è stato vicino, mi ha solo e soltanto amato e mai giudicato, una famiglia davvero unita e affettuosa, ho tanta paura di pensare a quello che sarebbe potuto succedere alla mia adorata Letizia.

francesco
03-05-2007, 18:34
Grazie, Francesco. Il tuo libro sarà per me più prezioso di quanto tu non possa nemmeno immaginare.
Anna Maria

vi ringrazio, comunque non è il mio libro, ho inviato la recensione! :wink:
Quando lo scriverò ve lo farò sapere! :lol:

mariafatima
03-05-2007, 20:05
vi ringrazio, comunque non è il mio libro, :lol:

:appla:..... TI SAREBBE PIACIUTO...CONFESSALO! :wink:

marghe
03-05-2007, 22:26
Ragazzi ma allora vogliamo proprio farci del male!
Il libro sarà pure bello...ma che storia deprimente!
:wink:

Sara
03-05-2007, 22:33
Ragazzi ma allora vogliamo proprio farci del male!
Il libro sarà pure bello...ma che storia deprimente!
:wink:
in effetti...

francesco
03-05-2007, 23:29
Ragazzi ma allora vogliamo proprio farci del male!
Il libro sarà pure bello...ma che storia deprimente!
:wink:
in effetti...


forse conviene prima leggerlo..... :roll:

Lucia66
04-05-2007, 00:43
forse conviene prima leggerlo..... :roll:


Già forse conviene, :roll: anche se è davvero della serie facciamoci male.....ma se siamo sopravvissuti a
" Il Piccolo Adolf......." :evil: ....... :wink:

valeria sechi
04-05-2007, 01:54
Anche a me piacerebbe leggerlo, ma concordo con Marghe sul fatto che ciò che ho letto è MOLTO deprimente...ma mi chiedo lo è per la storia in se..o perchè quella storia ci riguarda in qualche modo!!!! Forse ognuno di noi vede in quella neonata rifiutata il/la proprio/a figlio/a fratello/sorella e ci sentiamo.... rifiutati!

Provo molta comprensione e "compassione" (nel senso squisitamente etmologico ) per questo padre che avendo ancora così viva la sofferenza della sua giovinezza ne è talmente straziato che vuole risparmiarlo alla moglie...perchè sa...lui sa...non lo fa per vigliaccheria...ma per consapevolezza e per amore quell'amore che lo spinge a proteggere la moglie.

Purtroppo a volte si sbaglia anche per troppo amore...cadiamo quasi tutti preda della facile illusione di poter decidere IL MEGLIO anche per gli altri!!

Sara
04-05-2007, 13:31
Ragazzi ma allora vogliamo proprio farci del male!
Il libro sarà pure bello...ma che storia deprimente!
:wink:
in effetti...


forse conviene prima leggerlo..... :roll:
Hai ragione Francesco, io non lo leggerò comunque, credo che sia un volersi fare del male gratuitamente. Emotivamente non sono così forte da riuscire a estraniarmi e a vederlo sotto altri punti di vista...sarebbe solo un modo per deprimermi.

milena
04-05-2007, 13:42
Ragazzi ma allora vogliamo proprio farci del male!
Il libro sarà pure bello...ma che storia deprimente!
:wink:
in effetti...

Rispondo senza aver letto l'anticipazione per non rovinarmi il piacere della lettura - della quale sono curiosissima - quando comprerò il libro, solo per chiedere: davvero vi deprimete nel leggere ciò che «ci riguarda»? :roll: E perchè mai? Se si considera che questo è «solo» un romanzo, allora la lettura di "Come pinguini nel deserto" che cosa dovrebbe provocare, suicidi collettivi? :wink:

Sara
04-05-2007, 13:44
Milena credo che sia diverso, come pinguini nel deserto e vita vera, reale, sperimentata sulle nostre spalle, un romanzo è una fantasia di qualcuno per cercare di smuovere dentro di noi sentimenti, che nel mio caso sono già molto ''attivi''..

mariafatima
04-05-2007, 13:44
:wink: ...mi sei piaciuta!!!!! Brava Milena...e da ieri che volevo scriverlo a Margherita e Sara...!!!!!! :wink:

Sara
04-05-2007, 13:48
:wink: ...mi sei piaciuta!!!!! Brava Milena...e da ieri che volevo scriverlo a Margherita e Sara...!!!!!! :wink:
Guarda che non mi offendo...potete sparare a zero :lol:
Non trattentetevi... 8)

mariafatima
04-05-2007, 13:50
:mitra: ........ :wink: :wink:

mariafatima
04-05-2007, 13:52
...a parte gli scherzi....Sara, noi non ci conosciamo bene. Sbaglio o sei una sorella?

milena
04-05-2007, 13:57
Milena credo che sia diverso, come pinguini nel deserto e vita vera, reale, sperimentata sulle nostre spalle, un romanzo è una fantasia di qualcuno per cercare di smuovere dentro di noi sentimenti, che nel mio caso sono già molto ''attivi''..

Beh, a me è proprio questo che incuriosisce quando leggo un romanzo su ciò che «ci riguarda» e cioè il cogliere nella fantasia dell'autore le sfumature emotive, insomma il tastare con mano quanto sia stato capace e più o meno bravo ad entrare nei nostri panni, quanto si sia documentato o anche cosa di noi «passi e traspaia» agli altri e al mondo fuori.
Ad esempio, ho letto con piacere il primo romanzo di Walter Veltroni il cui protagonista ha una figlia con SdD, senza infamia e senza gloria, una lettura piacevole per nulla disturbante.
A me, personalmente, ciò che smuove gli argini e che non mi stancherei mai di leggere sono invece proprio le storie vere, non certo quelle inventate!
Ti abbraccio,

francesco
04-05-2007, 14:01
:chair: :oiul: :boxe: :503:

:prof: facciamo così: chi vuole lo legge, chi non vuole non lo legge!

Sara
04-05-2007, 15:20
...a parte gli scherzi....Sara, noi non ci conosciamo bene. Sbaglio o sei una sorella?
no non sbagli... Cristian ha 20 anni.



Beh, a me è proprio questo che incuriosisce quando leggo un romanzo su ciò che «ci riguarda» e cioè il cogliere nella fantasia dell'autore le sfumature emotive, insomma il tastare con mano quanto sia stato capace e più o meno bravo ad entrare nei nostri panni, quanto si sia documentato o anche cosa di noi «passi e traspaia» agli altri e al mondo fuori.
Ad esempio, ho letto con piacere il primo romanzo di Walter Veltroni il cui protagonista ha una figlia con SdD, senza infamia e senza gloria, una lettura piacevole per nulla disturbante.
A me, personalmente, ciò che smuove gli argini e che non mi stancherei mai di leggere sono invece proprio le storie vere, non certo quelle inventate!

Io non ho questa curiosità, quello che mi riguarda lo vivo in prima persona, quello che appare del mio mondo agli occhi esterni non mi interessa particolarmente. Comunque per non uscire troppo dal discorso...
La lettura occupa il mio tempo libero, e proprio perchè poco preferisco leggere cose più superficiali...
Grazie comunque per il confronto Mil. Un abbraccio anche a te.

:D

mariafatima
04-05-2007, 16:18
Provo molta comprensione e "compassione" (nel senso squisitamente etmologico ) per questo padre che avendo ancora così viva la sofferenza della sua giovinezza ne è talmente straziato che vuole risparmiarlo alla moglie...perchè sa...lui sa...non lo fa per vigliaccheria...ma per consapevolezza e per amore quell'amore che lo spinge a proteggere la moglie.

Purtroppo a volte si sbaglia anche per troppo amore...cadiamo quasi tutti preda della facile illusione di poter decidere IL MEGLIO anche per gli altri!!

solo ora leggo con attenzione questa parte del tuo post. Valeria...pensi possa essere davvero così????
Anna MAria

Nunzio
04-05-2007, 19:38
Voi siete sicuri/e che quando un autore scrive "Romanzo" sulla copertina, ha prodotto un'opera di assoluta fantasia?

E siete sicuri che se la leggessimo ne usciremmo depressi e non, se vale la pena, più inc....ati?

francesca
05-05-2007, 10:41
Se questo libro sembra, dico sembra perchè in fondo abbiamo letto soltanto una pagina, il film "L'Ottavo Giorno" che è.... roba da impiccarsi!!!! :lol:

marghe
05-05-2007, 15:39
Signori! La mia voleva essere solo una battuta, e la superficialità era voluta!

Ovviamente non giudicherei mai un libro senza averlo letto, ovviamente non ritengo che "triste" = da scartare...ma penso capiti a tutti di avere momenti in cui vogliamo solo rilassarci e leggere un libro che ci scateni tante emozioni e ci faccia pensare tanto, proprio perchè tra l'altro tratta una tematica a noi vicina è l'ultimo dei nostri desideri...o no???


Poi sono daccordo con Sara che "Come pinguini nel deserto" è, comunque sia questo libro, tutta un'altra storia...quelle erano esperienze VERE, raccontantate DAI DIRETTI INTERESSATI al solo scopo di condividere...un romanzo, per quanto scritto "col cuore" non sarà mai la stessa cosa...altrimenti dovremmo dire che guardare "l'ottavo giorno" e leggere gli interventi sul forum è la stessa cosa!

Per quanto riguarda l'ottavo giorno ritengo che sia magari anche un bel film...ma un tantino esagerato è...se si vuole parlare della SDD che bisogno c'è di metterci in mezzo anche il diabete, le allucinazioni e un suicidio involontario??

E la trama del libro mi ha un po' fatto pensare la stessa cosa...la bambina nasce in mezzo a una tormenta di neve, viene abbandonata, la madre la crede morta...un filino di romanzato che SEMBRA fatto per far piangere c'è o vogliamo dire di no?
Era a questo che mi riferivo quando ho detto "vogliamo farci del male"...e non lo direi mai per qualcosa di reale come tutto quanto c'è in "Come pinguini nel deserto" (che peraltro ho letto commovendomi all'inverosimile, sorridendo, arrabbiandomi e chi più ne ha più ne metta...ma non deprimendomi!!)

Poi è chiaro che magari leggendo il libro ci sono milioni di sfumature interessanti su cui riflettere ma non penso di averlo negato con una semplice battuta!! (Ci ho messo anche la faccina perchè si capisse bene che scherzavo!!!)

E non penso che se anche (per assurdo) mi rifiutassi per partito preso di leggere questo libro mi si potrebbe accusare di superficialità o di non volermi far coinvolgere dalla tematica SDD...dato che se non sbaglio sto scrivendo su un forum a questo proposito!

Nunzio
05-05-2007, 19:42
E la trama del libro mi ha un po' fatto pensare la stessa cosa...la bambina nasce in mezzo a una tormenta di neve, viene abbandonata, la madre la crede morta...un filino di romanzato che SEMBRA fatto per far piangere c'è o vogliamo dire di no?



Effettivamente una bimba abbandonata sulle spiagge assolate dei Caraibi con la mamma che la crede morta (invece ha solo qualche ustione) non fa molto piangere :D !

valeria sechi
06-05-2007, 01:50
Provo molta comprensione e "compassione" (nel senso squisitamente etmologico ) per questo padre che avendo ancora così viva la sofferenza della sua giovinezza ne è talmente straziato che vuole risparmiarlo alla moglie...perchè sa...lui sa...non lo fa per vigliaccheria...ma per consapevolezza e per amore quell'amore che lo spinge a proteggere la moglie.

Purtroppo a volte si sbaglia anche per troppo amore...cadiamo quasi tutti preda della facile illusione di poter decidere IL MEGLIO anche per gli altri!!

solo ora leggo con attenzione questa parte del tuo post. Valeria...pensi possa essere davvero così????
Anna MAria

Quello che penso è che dietro le storie di abbandono ci siano sempre delle grandi sofferenze, non mi sentirei mai di giudicare qualcuno che ha fatto scelte diverse dalle mie o da quelle che IO penso che avrei fatto al suo posto...perchè in realtà non ci sono al suo posto....non ho alle spalle il suo vissuto.......questo è solo un romanzo...ma il principio di base vale anche e sopratutto nella vita reale, non mi permetterei di giudicare perchè non mi permetterei di dare per scontato che per la tale persona sia stato facile......non è mai facile......non vorrei mai essere una di quelle persone (che io trovo indisponenti) che sanno sempre cosa avrebbero fatto al tuo posto, quelle persone, per restare in tema di romanzi, che ne sanno sempre una pagina in più del libro!!!

Tendo sempre a cercare di scoprire ciò che sta dietro le scelte senza giudicare ....sforzandomi di comprendere...e quasi sempre trovo giustificazioni legittime......magari non condivisibili, ma legittime!

Non avrei mai potuto fare il giudice...è il grande strazio dei miei figli che mi accusano di non dare mai completamente torto o ragione (se non in casi ecclattanti) a uno o all'altro quando litigano!!!

Sapete com'è....ho fatto mio il detto degli indiani d'america:
"PRIMA DI GIUDICARE UN UOMO, PROVA A FARE QUALCHE MIGLIO DENTRO I SUOI MOCASSINI"!!!

Enza
06-05-2007, 10:29
Oh!

Nunzio
06-05-2007, 10:34
Non avrei mai potuto fare il giudice...



E perchè no?! "La via di mezzo" è invece la principale caratteristica del sistema giudiziario italiano. Nel caso di cronaca di questi giorni la "protagonista" ha preso 16 anni in appello: è il valore medio fra l'aver commesso l'omicidio (32 anni) e il non averlo commesso (0 anni). In medium stat virtus :vecchio: !




... è il grande strazio dei miei figli che mi accusano di non dare mai completamente torto o ragione (se non in casi ecclattanti) a uno o all'altro quando litigano!!!



Più che uno strazio... è uno spasso; sanno a priori che qualsiasi loro malefatta darebbe luogo a metà della pena :wink: !

P.S.: ma quel detto sui mocassini, da cui ha attinto anche Grazia Di Michele, lo dicevano anche quelli della tribù dei piedi scalzi?

gigliorosa
07-05-2007, 10:10
Io mi riprometto sempre di non giudicare......
In fondo sono io la prima che quando ha visto Letizia l'ha buttata fuori dalla sala parto, sono io la prima che la voleva abbandonare, sulla sua cartella clinica c'è scritto che "i genitori si prendono un periodo di tempo, nei termini di legge, per decidere se riconoscere o meno la bambina".
Questo ricordo è per me ogni volta una coltellata, quando ci penso e rivedo Letizia con quella tutina che si guarda spaesata nel mondo, aveva gli occhi sbarrati, non so che cosa darei per tornare indietro nel tempo e prenderla in braccio e baciarla e dirle che va tutto bene, che la mamma è lì con lei.
Soffro tanto a ricordare quel momento.
Ma questa esperienza non mi fa diventare una persona migliore.
Sono ancora una che si arrabbia, si offende, non vuole avere a che fare con la persona x perchè le è antipatica, non vuole tornare in ufficio per non avere la pietà delle colleghe che fremono all'idea di venirmi a fare la visita di circostanza.....
Insomma, la meschinità in me è rimasta, magari in alcune cose si è un po' attenuata, in altre si è addirittura ingigantita, sono più permalosa di prima.
Forse l'unica cosa che davvero ho imparato è a non giudicare chi fa scelte estreme, quali l'aborto o l'abbandono.
Una mia amica, che ha avuto un bambino quattro giorni prima di Letizia, è rimasta incinta subito.
Immaginatevi la mia invidia!!!
Ebbene, lei ha scelto di abortire, perchè non poteva permettersi un altro figlio.
Per quanto io mi trovi a cercare un bambino, a sapere che alla mia età avrò una serie di difficoltà, per quanto io abbia visto che quella mia amica ha avuto un bel bambino, mentre io ho avuto la mia bella Letizia, ma con la sdd, non riesco a giudicarla.
Lei ha dei problemi, magari economici, magari di altro tipo, ma sono problemi per lei tanto grandi da rinunciare a un figlio. E il suo dolore basta, è grande abbastanza perchè ci si metta anche il mio giudizio, che sarebbe solo gratuito.
Avete visto il musical "Notre Dame de Paris" di Riccardo Cocciante?
Il Gobbo ad un certo punto canta una canzone struggente: "Come è ingiusto il mondo".....
E quanto è vera questa cosa.....

magic lamp
07-05-2007, 13:24
Rachele, piano piano dovrai imparare a non giudicare per prima te stessa. Ti fai solo del male, e non serve né a te e tantomeno a Letizia. Te lo dice una che ha la tendenza ad analizzarsi e a recriminare sulle proprie scelte... ma con il tempo ho imparato che è anche questo un atto d'orgoglio, se Dio che tutto capisce e tutto conosce ci perdona, perché mai noi non riusciamo a perdonarci? Se abbiamo commesso degli errori, in quel momento lì, per come eravamo, non potevamo fare diversamente. Gli errori devono diventare un'occasione per riflettere e ripartire con nuove prospettive. Tutto fa parte della nostra vita e di tutto si può far tesoro per crescere e diventare migliori.

maxniola
08-05-2007, 14:07
Avete visto il musical "Notre Dame de Paris" di Riccardo Cocciante?
Il Gobbo ad un certo punto canta una canzone struggente: "Come è ingiusto il mondo".....
E quanto è vera questa cosa.....

Potrei risponderti con una citazione di Mounier, diceva: "la vita e' arcigna con chi le mette il muso" (lettere sul dolore)................ :wink: E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.

Dadi
08-05-2007, 18:00
[E' importante saper abbracciare la realta' tutta per poter vivere la giornata con letizia.


.....ed è solo sentendosi coinvolti in un abbraccio senza limiti da parte di un Altro che ciò diventa possibile e realizzabile. :sun_smiley:

francesco
16-05-2007, 11:57
ampia recensione sul libro oggi su Repubblica a pag. 31

ritz
22-05-2007, 02:02
Vi segnalo l'incontro con l'autrice, domani 22 maggio, a Milano.
http://www.garzantilibri.it/default.php?page=news&NEWSID=576

Franz e io ci saremo

milena
22-05-2007, 09:25
Sabato l'ho comprato, in realtà senza troppa voglia di leggerlo in questo periodo, ma poi domenica mattina ho letto i primi due capitoli e ieri sera, dopo che Franci è andata a letto, l'ho ripreso in mano e non mi sono più fermata: ho chiuso il libro alle 03.46 e stamattina sono uno zombie. :twisted:
E' un libro che mi ha fatto piangere tanto, tante lacrime copiose che da tanto tempo non solcavano le mie guance: è un libro di una tristezza e di uno struggimento infinito, ma è pure vero che io avevo enorme bisogno di sciogliere gli argini delle mie emozioni che cerco di tenere faticosamente soffocate in un angolo del mio cuore.
Lo consiglio a tutti,

francesco
06-06-2007, 10:37
IN DIFESA DELLA VITA OFFESA (Da Famiglia Crisitiana)

Un romanzo americano di grande successo sulle vicende di gemelli separati alla nascita. La testimonianza di un lettore sull’influsso di don Milani. Due scritti che trovano un punto di incontro nella sollecitudine per chi è stato vittima dei pregiudizi.



Due letture si incrociano e trovano un punto di incontro, anche se la loro distanza è siderale. La prima è il libro di una scrittrice americana, un successo da tre milioni di copie. La seconda è la lettera di un nostro lettore. Il punto di incontro mi sembra la difesa della vita offesa. La vita offesa dall’ignoranza, dai pregiudizi, dal disamore.

Figlia del silenzio è il primo romanzo di Kim Edwards, docente universitaria; in Italia esce ora da Garzanti. L’intreccio avvince subito. Marzo 1964, a Lexington, Kentucky, in una notte di tempesta Norah ha le doglie improvvise; impossibile arrivare all’ospedale. La aiuta nel parto il marito David, chirurgo ortopedico, che chiama ad assisterlo l’infermiera Caroline. Sposati da un anno, sono felici per la nascita del primo figlio: se è una bambina la chiameranno Phoebe, se è un bambino Paul. Ancora non sanno di due gemelli.

Il primo nasce bene, sarà Paul. La seconda arriva a sorpresa, la madre è sotto sedativo e non se ne accorge. Sarà Phoebe. Ma David nota subito «il taglio degli occhi obliquo come di chi sta ridendo, il naso schiacciato... Mongoloide, aveva detto anni prima il suo professore, sapete cosa significa? Per risparmiarsi tanti dispiaceri, non resta che l’istituto». Sconvolto, il padre consegna la piccola all’infermiera con l’incarico di portarla in istituto. Alla moglie dirà che è nata morta.

Ma Caroline non abbandonerà la piccola, la alleverà come una figlia in un’altra città, affrontando disagi e pregiudizi. Mentre il segreto e i sensi di colpa rovinano la famiglia di David. I gemelli si incontrano 25 anni dopo e si riconoscono: «Un gesto semplice di Phoebe rimise in moto il mondo».

Mongoloide, si diceva una volta, e già nella parola era incluso il timore che in passato ha spinto molti genitori a fare la stessa scelta crudele di David. Oggi i nati con la sindrome di Down, così chiamata dal nome del medico che l’ha descritta, sono prediletti per la loro dolcezza, l’affettuosità e l’allegria. Dimostrano una grande capacità di apprendere, se sono ben curati e seguiti con amore.

E qui arrivo alla lettera del nostro lettore. Antonio Tupone, da Lanciano, è un maestro in pensione. Ha letto l’Arrivederci su don Milani e ha voluto mandarmi la sua testimonianza scrivendo al computer ben 36 pagine, quasi un piccolo saggio sull’influsso che su di lui ebbe la Lettera a una professoressa: «Me ne sono innamorato subito. Insegnavo in un Centro di formazione professionale, e quel libro rivoluzionava il concetto di scuola. Con esso mi trovai dalla parte degli ultimi, dei più deboli, degli scartati dalla scuola tradizionale».

Antonio racconta tante storie di riscatto, quella di Anna Rita mi ha colpita forse perché avevo appena finito di leggere Figlia del silenzio. Purtroppo, devo accorciare il racconto di Antonio. «Anna Rita era una ragazza Down di 24 anni, fu inserita nel corso per ceramisti. Veniva a scuola accompagnata dalla madre. Si adattò presto nel gruppo, si sentiva gratificata e ricoperta di fiducia. Una mattina arrivò da sola, chiesi chi l’avesse accompagnata, con orgoglio mi rispose: "Nessuno"...

«Un giorno di gennaio cominciò a nevicare, eravamo tutti contenti, ma Anna Rita andò verso la finestra e si mise a pregare a voce alta perché smettesse la neve che le avrebbe impedito di uscire di casa. Come i ragazzi di Barbiana, anche lei sarebbe venuta a scuola pure di domenica, senza vacanze e senza ricreazione...».

Mi ha conquistata il gesto di Anna Rita. Semplice come quello di Phoebe che «rimise in moto il mondo».



Franca Zambonini

Dream
31-08-2007, 12:22
Sapete che sono solo un ospite del vostro pianeta. Vorrei porre un quesito, dibattuto più volte direte Voi, ma pur sempre attuale e utile per far capire al mondo esterno i problemi degli “autoctoni” del pianeta down. Abbiamo letto, mia moglie ed io, “la figlia del silenzio”. Scritto bene, commovente in alcuni passi (capisco le calde lacrime di Mariafatima). Ho letto tutte, ma proprio tutte, le tre pagine di osservazioni in risposta alla recensione di Francesco, constatando che la quasi totalità riguardano il libro da leggere e non già letto. Adesso che molti lo avranno letto si potrebbe avere una più approfondita analisi. Una bella e commovente storia, ma non deprimente. Ma la piccola down figlia del silenzio, è veramente vista nella sua reale dimensione oppure è l’eroina con gli occhi a mandorla di un romanzo da fiction tv? Lo chiedo a Voi, che avete esperienza diretta come genitori o siblings o parenti. La realtà è più drammatica o più dolce? Lo sviluppo della giovane è legato all’ambiente affettivo o ad altri fattori? Cosa devono pensare coloro che, come noi due, hanno solo grande rispetto e solidarietà per gli abitanti di questo fragile pianeta down? Io sono ammirato dalla vostra partecipazione alla vita del pianeta e dallo spirito che l’ispira, ma è sufficiente da parte nostra portare ammirazione, simpatia e amicizia fraterna? Domande intriganti e puerili ma certamente le vostre risposte saranno più profonde, più vissute e degne di grande riflessione. Grazie a tutti. Ugo Brugnara - Dream, pinguino in un’oasi.

mariafatima
31-08-2007, 15:36
Grazie per la citazione sulle mie lacrime.... :shock: ...ma come fai a sapere che ho pianto???? Che fossero calde comunque non c'erano dubbi visto il clima di questi giorni in Sicilia!!! :wink:
COmunque io il libro, dopo le discussioni sull'argomento, mi ero ripromessa di non leggerlo e non l'ho comprato, come promesso...ma ahimè non si sfugge al destino e così mi è stato regalato con tanto di dedica!!!!!
E' stato sul mio comodino per due mesi prima che riuscissi a leggerlo. Poi è successo tutto d'un fiato. Sono stata malissimo perchè mi sono calata nella storia( come succede a molti quando leggono un libro). Nella mia situazione personale ho fatto tante riflessioni e considerazioni sulla vita. Ho pianto di commozione, ho ripensato alla mia storia...ho scrutato curiosa Phoebe che cresceva, immaginando la mia piccolina. Non mi sono depressa. Ho sofferto, questo si, come si soffre nella vita reale. con tutte le domande e le incognite di chi è ancora all'inizio del cammino...Alla fine ho visto Paul avvicinarsi con "l'amore che non ha paura" alla sua gemella e questo mi sembra un finale non romanzato ma reale. E' la storia di tanti fratelli e sorelle del forum e questo chi meglio di loro potrà raccontarti?
Nel corso del racconto ho notato come l'autrice guardava a Phoebe con gli occhi di Caroline, con gli occhi dell'amore così come hai visto descrivere i nostri figli nel forum. Io credo che l'autrice abbia fatto un buon lavoro. Credo che Phoebe sia diventata la donna che leggiamo nel romanzo perchè è stata AMATA con la sua dignità, con la sua personalità, con i suoi doni e i suoi limiti, COME PERSONA, educata con dolcezza e con fermezza, senza falsi pietismi.
Poi alla fine....e pur sempre e solo :un LIBRO!!! la vita, quella vera ha i volti dei nostri figli, e a volte non ha niente da invidiare ad un romanzo!!! :oops:
Anna Maria

paola
31-08-2007, 23:06
Secondo me la descrizione di Phoebe è realistica anche se è una descrizione limitata, insomma non è nè ottimistica nè pessimista, così come è realistico l'impegno della mamma adottiva. Si vede che l'autrice prima di scrivere si è documentata ed ha conosciuto persone con sdd.

confusa
08-07-2009, 01:12
io l'ho appena letto questo libro...all'inizio mi ha fatto versare tanti lacrimoni...ma devo essere sincera. Mi aspettavo di più...per come è partito il libro, tutti nei dettagli, mi aspettavo un finale diverso...sembra che l'autore alla fine andava di corsa e l'ha "arronzato"...
in fondo è stato un bel libro...ma mi ripeto...quando l'ho chisuso sono rimasta un pò delusa...

aledario
08-07-2009, 09:09
io l'ho appena letto questo libro...all'inizio mi ha fatto versare tanti lacrimoni...ma devo essere sincera. Mi aspettavo di più...per come è partito il libro, tutti nei dettagli, mi aspettavo un finale diverso...sembra che l'autore alla fine andava di corsa e l'ha "arronzato"...
in fondo è stato un bel libro...ma mi ripeto...quando l'ho chisuso sono rimasta un pò delusa...Benvenuta ... "confusa" ;-). Non credo che il tuo nick sia collegato alla qualità del giudizio del libro di cui parli... ci racconti come mai sei "atterrata" su questo pianeta?

confusa
09-07-2009, 00:08
Benvenuta ... "confusa" ;-). Non credo che il tuo nick sia collegato alla qualità del giudizio del libro di cui parli... ci racconti come mai sei "atterrata" su questo pianeta?

anche io sono una mamma di 26 anni, di un bimbo di 15 mesi...e nonostante lui ha avuto la "fortuna" di nascere sano...non so perchè...ho un amore particolare per i bimbi con sdd...non partecipo attivamente al forum perchè ho paura di essere giudicata...nel senso che mi potreste dire "che ci fai tu qui"...e credetemi...se do "fastidio" basta dirlo...senza problemi...
nella mia parrocchia abbiamo molti bambini come i vostri...e anche se alcuni non parlano nemmeno...ci pensano gli occhi a dire tuttio
molte famiglie di questi bimbi si rispecchiano nei vostri racconti...e non so perchè vi leggo...ma so solo che a volte ci passo ore qui dentro!
forse perchè durante la gravidanza...come molte di voi d'altronde...avevo il tarlo di partorire un figlio down...e siccome a volte ci penso a fare il bis...mi dico che conoscere il vostro "pianeta" mi farebbe affrontare in maniera diversa una eventuale probabilità di avere un bimbo down.


mi ripeto...se ci sono problemi...ditemelo.

aledario
09-07-2009, 09:57
...non partecipo attivamente al forum perchè ho paura di essere giudicata...nel senso che mi potreste dire "che ci fai tu qui"...e credetemi...se do "fastidio" basta dirlo...senza problemi...Così averne di questi problemi! ;-) E' vero che su questo pianeta parliamo tanto di "noi"... della nostra esperienza di genitori... che in questo senso (e solo in questo ;-)) sicuramente è un po' "speciale" per vissuto e problematiche... e quindi potrebbe far apparire il pianeta un po' come un "club privèe" :lol:... ma ti assicuro che essendo il fine ultimo del nostro agitarci... la possibilità di garantire ai nostri figli il fatto che possano conquistarsi il diritto alla serenità... alla propria felicità o infelicità... qualsiasi "collegamento" con il mondo esterno "sensibile" ... quello che "guarda" con rispetto, senza falsi pietismi e nemmeno ridicoli imbarazzi ... può solo far piacere! ;-) Rimani perciò... se vuoi... e intervieni senza problema dove credi di poterlo fare... può essere molto utile per tutti.
In fondo... spesso il vero "problema" sta solamente nella mancanza di sufficienti "ponti" di collegamento tra mondi solo in apparenza diversi ...
Grazie quindi... di essere uscita allo scoperto... affacciandoti su quel ponte...

francesca
09-07-2009, 12:06
Benvenuta anche da parte mia :D
E non sentirti affatto fuori posto, intervieni quando vuoi :D

Loredana
09-07-2009, 15:29
Benvenuta e non farti problemi la tua partecipazione è più che gradita!!!

confusa
09-07-2009, 16:12
siete davvero gentilissimi...GRAZIE!

Sergio
09-07-2009, 22:00
L'atterraggio come e' stato? Speriamo buono,se hai tempo rimani con noi perche a volte un parere di chi non e' completamente coinvolto come noi puo servirci per chiarirci le idee.Ciao da Antonella mamma di Giorgio(14 anni SdD) e Lorenzo(19 anni).Un bacione al tuo bimbo.

mariasole
11-07-2009, 10:12
Ciao carissima Confusa...
su cosa in particolare???:D
Benvenuta!!! Non sentirti "diversa";) tra noi...
grazie della sensibilità che hai dimostrato per questo nostro pianeta...
c'è bisogno di molta gente come te
per sensibilizzare gli altri verso questa nostra speciale realtà!!!
Ciao ciao Da laura , mamma felice e realizzata di mariasole, una dolce speciale baby di 20 mesi dal sorriso radioso e sereno
ciaooooooooo

sand
22-01-2010, 01:15
Ho saputo solo poche settimane fa dell'esistenza di questo libro, quando l'ho avuto in prestito da mia madre.
Non ne consiglio la lettura, in particolare a chi vuole approfondire la Sindrome di Down. La trama è lenta e poco avvincente, la psicologia dei personaggi trattata in modo superficiale e ripetitiva, una vicenda che potrebbe trovarsi all'interno di una telenovela.
Il personaggio attorno a cui ruota l'intera vicenda (Phoebe, la ragazza Down) è presentato solo verso la fine, per il resto è quasi solo un oggetto nei vissuti altrui.
Buona la modalità narrativa, che passa agilmente in soggettiva da un personaggio all'altro (quattro in tutto).

giololú
23-01-2010, 10:19
Sarà che l'ho letto dopo "Il mio bellissimo geranio" che naturalmente consiglio a tutti, ma il libro in questione mi ha abbastanza deluso:(forse perchè ho respirato aria di romanzo a differenza del precedente che è storia vera raccontata dalla madre di un ragazzo ormai adulto.

Anna
23-01-2010, 22:02
Sarà che l'ho letto dopo "Il mio bellissimo geranio" che naturalmente consiglio a tutti, ma il libro in questione mi ha abbastanza deluso:(forse perchè ho respirato aria di romanzo a differenza del precedente che è storia vera raccontata dalla madre di un ragazzo ormai adulto.
Ho sentito parlare de "Il mio bellissimo geranio" durante un'intervista su rai 1, c'erano gli autori, Ma non feci in tempo a prendere nota dei loro nomi, e non sono mai riuscita a trovarlo per leggerlo. Puoi darmi indicazioni? grazie