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francesco
23-03-2007, 11:01
Invio una circolare sindacale che cerca di fare il punto della situazione

«Dal notiziario Confsal n. 65 del 22 marzo 2007:

TUTELA DELLE PERSONE HANDICAPPATE
Come è noto, la tutela delle persone handicappate è disciplinata dalla legge 5/2/1992, n. 104, ma le integrazioni successive sono state numerosissime.
Tra esse si evidenziano innanzitutto il decreto-legge 27/8/1993, n. 324, conv. in legge 27/10/1993, n. 423, ma soprattutto più recentemente la legge 8 marzo 2000 n. 53 e il D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, con qualche ritocco anche nell'art. 3 comma 106, della legge 24 dicembre 2003, n. 350.


La legge 5.2.1992, n. 104 (Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti del persone handicappate) ha esteso con l'art. 33 alcuni benefici previsti dalle norme poste a tutela della lavoratrice madre a coloro che assistono persone handicappate, in specie bambini: in tali casi, per poter attribuire i relativi benefici, occorre preliminarmente accertare che la persona handicappata da assistere sia giuridicamente qualificabile tale.
L'art. 3 della stessa legge così testualmente la definisce:


"E' persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica e sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale e di emarginazione".
I benefici previsti per l'assistenza delle persone portatrici di handicap sono attribuiti a condizione che l'handicap rivesta la situazione di gravità che ricorre quando, secondo quel che precisa dall'art. 3, co. 3: "la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale e in quella di relazione".
Tali situazioni da cui scaturiscono importanti conseguenze di legge richiedono però un particolare accertamento espressamente previsto dalla legge.
Infatti, l'art. 4 della stessa legge, testualmente stabilisce: "Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell'intervento assistenziale permanente e alla capacità complessiva individuale residua di cui all'art. 3, sono effettuati dalle unità sanitarie locali mediante le commissioni mediche di cui all'art. 1 della legge 15.10.1990 n. 295, che sono integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le unità sanitarie locali", Ma l'art. 2, comma 2, del D.L. 27 agosto 1993 n. 324, conv. in legge 27/10/1993 n. 423 stabilisce che, ove la Commissione non si pronunci entro 90 giorni dalla presentazione della domanda, gli accertamenti sono effettuati, in via provvisoria, da un medico specialista nella patologia denunciata, in servizio presso la ASL da cui è assistito l'interessato. La Commissione dovrà effettuare l'accertamento entro 180 giorni dalla data di presentazione della domanda.
Tuttavia, in proposito, la Circ. INPS n. 133 del 17/7/2000 precisa: "...le agevolazioni di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'art. 33 della legge 104/1992, possono essere riconosciute, sempre che vi sia stata effettiva astensione al lavoro, a partire da una data diversa da quella di rilascio dell'attestato (o certificato o verbale) relativo al riconoscimento dell'handicap grave da parte della speciale Commissione medica ASL, non solo qualora nello stesso sia espressamente indicata una validità decorrente da data anteriore a quella del riconoscimento dell'handicap grave, ma in tutti i casi in cui la formulazione della diagnosi da parte della Commissione sia tale (ad es. quando è presente il riferimento ad una eziologia prenatale) da far considerare l'handicap grave senza dubbio esistente da data anteriore a quella di presentazione alla ASL della domanda di riconoscimento (non anteriore comunque a quella di presentazione all'INPS e al datore di lavoro della relativa domanda)".
Ne deriva che per la qualificazione di persona handicappata non occorre soltanto un dato di fatto reale connesso alle condizioni fisiche e/o psichiche del soggetto, ma anche un formale accertamento con apposito attestato rilasciato dalla ASL dopo la visita presso una speciale commissione: solo mediante l'esibizione di tale documento l'Amministrazione può attribuire i benefici previsti dall'art. 33 della legge 104/1992.
A riguardo, la legge 448/1998 all'art. 39 introduce in materia la facoltà di autocertificazione per ottenere i benefici in parola, esprimendosi in questi termini:
"1. I soggetti riconosciuti ai sensi dell'art. 3 della legge 5.2.1992, n. 104, attestano, mediante autocertificazione effettuata nei modi e nei termini previsti dalla legge, l'esistenza, delle condizioni personali richieste ai fini dell'adozione di provvedimenti amministrativi o dell'acquisizione di vantaggi, benefici economici, prestazioni sanitarie, agevolazioni fiscali o tributarie o di ogni altra utilità, erogati da soggetti pubblici o gestori o esercenti pubblici servizi".
In merito all'autocertificazione è doveroso precisare che:

l'art. 10 del D.P.R. n. 403 del 20 ottobre 1998 esclude in maniera assoluta la possibilità sopperire alla certificazione medica con l'autocertificazione e quindi l'autocertificazione non ha valore sostitutivo degli accertamenti medici sopra descritti, anzi li presuppone, cosa che traspare anche dalla formulazione della succitata norma che attribuisce la facoltà di autocertificazione ai soggetti riconosciuti;
possono fare ricorso all'autocertificazione solo quei soggetti già riconosciuti handicappati, o in situazione di gravità e che siano in grado, anche se non in via immediata, di documentare l'accertamento già avvenuto, non invece coloro che abbiano semplicemente chiesto tale accertamento e confidino di ottenerlo;
l'interessato può chiedere i benefici previsti dalla legge 104/1992 documentando i presupposti con la semplice autocertificazione e l'Amministrazione potrà chiedere la documentazione medica o allo stesso interessato o agli uffici sanitari che li hanno effettuati ed attestati, secondo quanto previsto dall'art. 11 del citato D.P.R. 403/1998.

Per quanto attiene alla disamina dei benefici con la legge n. 104/92 uno dei requisiti costanti per fruire dei benefici stessi per assistere agli handicappati in situazione di gravità era quello della convivenza con l'handicappato.Questo costituiva una grave limitazione che spesso precludeva il diritto anche a certe situazioni meritevoli di tutela.
Ora questa requisito è nella sostanza venuto meno per effetto dell'art. 20 della legge 8/3/2000 n. 53, che così testualmente stabilisce:


"1. Le disposizioni dell'art. 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'art. 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonchè ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorchè non convivente".


Si riportano, qui di seguito, i benefici previsti più comuni:
Permessi a ore


I permessi a ore per l'assistenza all'handicappato in situazione di gravità (riduzione dell'orario giornaliero di servizio di due ore o di un'ora a seconda che l'orario giornaliero di servizio superi o meno le sei ore) consistono in permessi riconosciuti alla lavoratrice madre e comunemente detti riposi per allattamento: essi in questo caso vengono attribuiti alla madre lavoratrice o, in alternativa, al lavoratore padre per l'assistenza all'handicappato in situazione di gravità, fino a tre anni di età.
La disciplina è contenuta nell'art. 42, co. 1, del D.lgs. n. 151/2001 che così testualmente dispone:
"1. Fino al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità e in alternativa al prolungamento del periodo di congedo parentale, si applica l'articolo 33, comma 2, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 relativo alle due ore di riposo giornaliero retribuito".
I permessi a ore di cui alla sopra riportata disposizione costituiscono un diritto autonomo di ciascun genitore, con l'unico limite della fruizione alternativa da parte di ciascuno e quindi spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto (art. 2, co. 6, D.lgs. n. 151/1001).
Detti permessi, ai sensi dell'articolo 33, comma 4, della legge febbraio 1992, n. 104, nonchè art. 42, comma 4, del D.lgs. n. 151/2001, possono essere cumulati con il congedo parentale ordinario e con il congedo per la malattia del figlio (es. per assistere un altro bambino, oltre quello handicappato).
Essi vengono attribuiti in alternativa al prolungamento del riposo parentale di cui abbiamo parlato poc'anzi ed alle stesse condizioni in cui veniva attribuito tale prolungamento (es. non ricovero del bambino presso istituto specializzato).
L'unica limitazione categorica è che la fruizione di detto riposo non può valicare i tre anni di età del bambino.
La Circ. Dipartimento Funzione Pubblica 26/6/1992 prot. 90543/488 precisa che, ove il rapporto di lavoro del titolare del beneficio sia a tempo parziale o comunque con orario inferiore alle sei ore giornaliere, il permesso è limitato ad una sola ora. Nello stesso senso l'Informativa INPDAP 9/12/2002 n. 33. Tale conclusione scaturisce dal fatto che l'istituto in parola è mutuato dalle norme a tutela della maternità (D.Lgs. 26/3/2001 n. 151) in base alle quali vige la stessa misura dei permessi.
I permessi ad ore spettano anche ai genitori adottivi e affidatari, secondo quanto stabilito dall'art. 45, co. 2, del D.lgs. n. 151/2001.
Spettano anche allo stesso lavoratore handicappato maggiorenne in situazione di gravità, in alternativa ai permessi a giorni (art. 33, comma 6, lege n. 104/92) e spettano per tutta la durata del rapporto d'impiego per ogni mese di servizio, alternatività variabile di norma da un mese all'altro (Informativa INPDAP n. 33 del 9/12/2002 e Circ. Funz. Pubbl. 26/6/92 n. 90453/7/488).
Permessi a giorni

Il beneficio consiste in un permesso mensile di tre giorni fruibili anche in maniera continuativa, a condizione che la persona handicappata in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno.
La Circ. Dip. Funz. Pubbl. 26/6/1992 prot. 90543/7/488 precisa che tali permessi non possono essere frazionati in ore, non sono cumulabili con quelli dei mesi successivi, non sono assoggettabili altresì alla disciplina del recupero. Tali permessi sono retribuiti per intero. Come chiarito dalla citata Circ. INPS n. 133/2000, i tre giorni di permesso suddetti al personale con rapporto di lavoro a tempo parziale in proporzione all'orario di servizio prestato.
Per quanto riguarda gli effetti dei permessi a giorni non riducono i permessi retribuiti spettanti. Sono utili a tutti gli effetti (contribuzione figurativa), ma in linea di principio riducono le ferie e la 13a mens. (art. 43, comma 2, D.lgs. n. 151/01 che rinvia all'art. 34, c. 5).
I riferimenti normativi sono l'art. 42, commi 2 e 3, il D.lgs. n. 151/2001 e l'art. 33, comma 3, della legge 104/1992. Inoltre, il successivo comma 6 estende tale diritto al lavoratore handicappato in situazione di gravità.
Tali disposizioni prevedono nei singoli commi il riconoscimento dello stesso identico diritto a favore di diversi beneficiari e per la tutela di diverse categorie di handicappati in situazioni di gravità.
Riportiamo, in dettaglio, previa riproposizione della disposizione che interessa, chi sono i destinatari del beneficio e i destinatari dell'assistenza:

I) Per art. 42, comma 2. D.lgs. n. 151/2001:

"2. Successivamente al compimento del terzo anno di vita del bambino con handicap in situazione di gravità, la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5.2.1992, n. 104. Detti permessi sono fruibili anche in maniera continuativa nell'ambito del mese".

Destinatario dell'assistenza: il bambino minorenne handicappato in situazione di gravità superiore a tre anni di età (quindi età da 3 anni fino a 18).
Beneficiari: la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre.
Condizioni: non ne sono previste di particolari.

Tali permessi costituiscono un diritto autonomo di ciascun genitore, con l'unico limite della fruizione alternativa da parte di ciascuno e quindi spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto (art. 42, co. 6, Dlgs. n. 151/2001).

II) Per art. 42, comma 3, D.lgs. n. 151/2001:


"3. Successivamente al raggiungimento della maggiore età del figlio con handicap in situazione di gravità la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre hanno diritto ai permessi di cui all'art. 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992 n. 104. Ai sensi dell'art. 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53, detti permessi, fruibili anche in maniera continuativa nell'ambito del mese, spettano a condizione che sussista convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.
Destinatario dell'assistenza: il figlio maggiorenne handicappato in situazione di gravità.
Beneficiari: la lavoratrice madre o, in alternativa, il lavoratore padre.
Condizioni: convivenza con il figlio o, in assenza di convivenza, che l'assistenza al figlio sia continuativa ed esclusiva.
Tali permessi costituiscono un diritto autonomo di ciascun genitore, con l'unico limite della fruizione alternativa da parte di ciascuno e quindi spettano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto (art. 42, co. 6, Dlgs. n. 151/2001).
III) Per art. 33, comma 3, Legge 104/1992:

Trascuriamo la prima parte del comma 3 che è ora sostituito dai commi 2 e 3 dell'art. 42 del Dlgs. n. 151/2001 riguardanti rispettivamente il figlio handicappato in situazione di gravità superore a tre anni e minorenne ovvero maggiorenne.
3. ... colui che assiste una persona una persona con handicap in situazione di gravità parente o affine entro il terzo grado, convivente, ha diritto a tre giorni di permesso mensile, coperti da contribuzione figurativa, fruibili anche in maniera continuativa a condizione che la persona con handicap in situazione di gravità non sia ricoverata a tempo pieno".
Destinatario dell'assistenza: maggiorenne handicappato in situazione di gravità.
Beneficiari: parente o affine entro il terzo grado.
Condizioni: convivenza con l'handicappato non ricoverato a tempo pieno e soprattutto che colui che assiste l'handicappato non lo faccia insieme con altri familiari, anzi che sia l'unico che lo faccia o lo possa fare. Per questo caso occorre anche dimostrare non esservi altro familiare non lavoratore che sia in grado di assistere l'handicappato, secondo stabilito dall'art. 20 legge 53/2000 e le precisazioni in dettaglio espresse nella Circ. INPS n. 133/2000.
IV) Per art. 33, comma 6, legge 104/1992:

Il beneficio spetta allo stesso lavoratore handicappato in situazione di gravità in alternativa al beneficio di cui al precedente punto dei permessi a ore, per tutta la sua vita lavorativa; circa l'alternatività del beneficio con quello dei permessi a ore v. art. 19 della legge 8 marzo 2000 n. 53. Dati i rilevanti vantaggi che derivano (con pesanti oneri per la collettività e l'erario), la sussistenza del diritto è stata sempre vista con circospezione e cautela, specie nell'ipotesi di cui al punto III sopra descritto per cui l'Amministrazione non ha esitato ad impartire importanti istruzioni per la verifica dei presupposti.
"... L'attività di assistenza con carattere continuativo a favore del soggetto handicappato deve essere documentata con dichiarazione personale sotto la propria responsabilità, redatta ai sensi della legge n. 15/1968 e successive modificazioni e integrazioni.
L'interessato, qualora non si tratti di coniuge o genitore, dovrà inoltre certificare mediante dichiarazione personale sotto la propria responsabilità, redatta ai sensi della suddetta normativa, che non vi siano nell'ordine altri conviventi, parenti o affini tenuti per legge a dare assistenza o di grado più stretto, ovvero parenti o affini dello stesso grado nelle condizioni di prestare assistenza continuativa alla persona handicappata o di essere, pertanto, l'unico membro della famiglia in grado di provvedere a tale assistenza. Tale unicità di assistenza comporta che nessun altro membro nel nucleo familiare in questione si avvalga o si sia avvalso in passato della precedenza relativa all'articolo 33 per il medesimo soggetto handicappato; pertanto il richiedente... dovrà presentare una dichiarazione degli altri componenti il nucleo familiare, redatta ai sensi della sopra citata normativa.
Nel caso di assistenza domiciliare, la situazione di non ricovero a tempo pieno del soggetto handicappato in istituto specializzato, deve essere documentata mediante certificato rilasciato dalla competente ASL oppure mediante dichiarazione personale sotto la propria responsabilità ...".

Su questi punti è valida e meritevole di attenzione l'analisi fornita dall'INPS nella sopra citata Circolare n. 133 del 17/7/2000 che di seguito si sintetizzano:


l'assistenza all'handicappato, per chi intende fruire del beneficio, deve essere continua ed esclusiva, anche se non è più richiesta la convivenza;
qualora vi sia convivenza con l'handicappato + assenza di qualsiasi altro soggetto non lavoratore parente o affine entro il 3° grado che possa a sua volta fornire l'assistenza all'handicappato, occorre solo autocertificare la continuità e l'esclusività dell'assistenza;
qualora (a prescindere dalla convivenza con l'handicappato) esista anche altro soggetto non lavoratore parente o affine entro il 3° grado, occorre non solo autocertificare la continuità e l'esclusività dell'assistenza, ma anche l'impossibilità da parte del non lavoratore di assistere l'handicappato, in quanto si trovi in una delle seguenti condizioni (fornite dalla circolare INPS, ma non assolutamente tassative):
- sia stato riconosciuto incapace al lavoro al 100%;
- sia affetto da invalidità superiore ai 2/3;
- sia di età inferiore a 18 anni;
- sia ricoverato anche temporaneamente in ospedale;
- sia di età superiore ai 70 anni;
- sia infermo in maniera tale da non poter assistere l'handicappato, come da attestazione medica in relazione alla natura dell'handicap;
- sia privo di patente qualora l'handicappato debba essere accompagnato per visite mediche o terapie specifiche;
- inoltre se (aggiungiamo) risieda in località tanto distante da non poter fornire l'assistenza continua ed esclusiva;

in caso diverso dai precedenti (concorso di più soggetti che teoricamente potrebbero fornire assistenza all'handicappato) occorrono:



a) l'autocertificazione dell'interessato circa la sua continuità ed esclusività dell'assistenza e circa l'assenza di qualsiasi altro soggetto non lavoratore parente o affine entro il 3° grado che possa a sua volta fornire l'assistenza all'handicappato o eventualmente l'impossibilità a farlo da parte di quest'ultimo;
b) le autocertificazioni degli altri soggetti circa la non assistenza continuativa all'handicappato.

Circa il cumulo dei benefici si evidenzia che:

detti permessi (riduzioni di orario e giorni di permesso non retribuiti) sono cumulabili con il congedo parentale ordinario e con il congedo per malattia del figlio: ciò significa, come chiarisce la Circ. Dip. Funz. Pubbli., la possibilità che i due coniugi usufruiscano contemporaneamente e alternativamente di uno dei benefici in questione previsti dall'art. 33 legge 104/1992 e congedi parentali; ma questo presuppone che nel nucleo familiare vi siano due figli: uno per il quale si chiedano i benefici di cui alle norme generali poste a tutela della maternità e paternità e l'altro handicappato per il quale si chiedano i congedi parentali;
sulla cumulabilità dei benefici predetti nel caso di assistenza a più persone handicappate e di assistenza da parte di un soggetto handicappato ad altro handicappato, la Circ. Min. Funz. Pubbl. 30.10.1995 n. 20, su parere del Consiglio di Stato, si esprime in senso favorevole. E' quindi riconosciuto il diritto, su specifica richiesta, a fruire di più di un permesso mensile di 3 giorni per assistere un corrispondente numero di persone handicappate in stato di gravità esistenti nel nucleo familiare, a meno che altre persone possano prestare l'assistenza richiesta o che lo stesso lavoratore possa sopperire, per la natura dell'handicap, alle necessità dei familiari disabili nel periodo di tre soli giorni.


Ma la Circolare dell'INPS n. 37 del 18/2/1999, a modifica di quanto espresso in una precedente Circolare del 31/10/1996, ha precisato che il lavoratore handicappato può fruire dei giorni di permesso solo per se stesso e non anche di ulteriori giorni per assistere un altro familiare handicappato.