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Visualizza la versione completa : Con occhi di padre - Igor Salomone



aledario
28-09-2012, 18:09
Igor invece, un grande pedagogista dell'educazione, con una figlia, Luna, che ha una grave disabilità intellettiva-relazionale, l'ho conosciuto quest'anno a Milano durante la presentazione della seconda edizione del suo stupendo volume "Con occhi di padre".
Del libro riporto una riflessione che interroga tutti noi genitori, quando volenti o nolenti, disabilità o meno, "pretendiamo" di insegnare qualcosa ai nostri figli.
Con una piccola paura in più per noi genitori "down", che viene dalle ultime righe del suo scritto, che ha a che fare con il probabile preconcetto che i down imparano per imitazione...
p.s.: Igor è anche un utente di questo forum ;-)


"Chissà quante cose anch’io ho imparato così, per contagio. I gesti ad esempio. I gesti sono una razza di comportamenti molto particolare. Te li trovi appiccicati addosso senza sapere il più delle volte da dove vengano. Magari quel certo gesto non ti era mai capitato tra le mani, d’un tratto esce senza neanche preavvisarti e si manifesta con naturalezza, quasi tu non abbia mai fatto altro. Inquietante. Come quella volta che mi sono legato i capelli nel mio primo striminzito codino. Avevo già trentotto anni credo, e sino a quel momento non mi era mai accaduto di raccogliermi la chioma dietro la nuca. Prendo il laccetto che mi ero procurato per l’occasione, lo infilo su pollice, indice e medio della mano destra, con entrambe le mani raccolgo i capelli e poi, mentre con la destra trattengo la coda appena formata, con la sinistra acchiappo il laccetto e gli faccio compiere due giri per tenerla ferma. Non dico che mi sia venuta splendidamente al primo tentativo, ma chi accidenti mi aveva insegnato a farlo?
Ho appena riletto la descrizione che ne ho fatto. Penso che se dovessi apprendere quel gesto applicando ciò che ho scritto, mi taglierei i capelli al terzo tentativo…
Invece quella fu un’esperienza di successo. Sconcertante perché fu difficile attribuirne il merito a qualcuno, me compreso, ma di successo. In realtà se vado con il pensiero a quel preciso momento, ricompaiono davanti ai miei occhi mentali centinaia di gesti simili che avevo visto compiere da decine di persone, soprattutto donne ovviamente, in tutto l’arco della mia già lunga vita. Quindi, ecco dimostrato ancora una volta il contagio.
[…]
Non parliamo poi degli atteggiamenti, delle convinzioni o dei tratti del carattere. Mio padre ha passato la sua non lunga vita trascorsami accanto, nel tentativo disperato di insegnarmi cose che mi sono rifiutato di fare mie, in compenso più passano gli anni più mi trovo incollate sulla pelle cose che non aveva nessuna intenzione di lasciarmi probabilmente, ma che, essendo sue, mi sono rimaste. Sono ostinato come lui, ma non per gli obiettivi che mi ha indicato. Sono riuscito in quello che ho fatto, ma non nei tempi che lui riteneva necessari e men che meno nelle cose che considerava importanti. Sono altrettanto polemico sebbene abbia sempre detestato la sua vis polemica e rifiuto come lui qualsiasi etichetta nonostante abbia litigato per anni proprio perché si vantava di possedere uno spirito che a lui appariva libero e a me qualunquista.
Mia madre del resto non mi ha certo insegnato come si gioca, come si scherza, come si fanno i dispetti, come si affronta con leggerezza la vita. Mia madre non mi ha detto “si fa così”. Ha fatto così e “il così” era bello. E io, semplicemente, ho imparato…
Contagiato. Contagiato mille volte. Vuoi vedere che mi sono dedicato al pedagogico cercando di capire come si possano insegnare le cose proprio perché nella vita ho sperimentato come si faccia a impararle anche se gli altri non si sforzano di insegnartelo o si sforzano di insegnarti tutt’altro?
Possibile.
Però non è stato così per tutto. Ad esempio mia madre mi ha insegnato ad andare in bicicletta. Proprio insegnato intendo, non è che lei ci andava e io ho imparato guardandola. No. Mi ricordo benissimo quando mi ha piazzato sulla mia “quattordici” fiammante e mi ha detto per l’appunto fai così e cosà, tenendomi in un certo modo, dicendomi certe cose, lasciando prima la rotella di supporto e a un certo punto togliendomela perché era sicura che ce l’avrei fatta senza.
E mi ricordo anche di mio padre, maestro elementare, quando mi ha insegnato a leggere e scrivere. Avevo quattro anni e mezzo e giocavo con le matite forse, e lui mi disse se volevo imparare. Io, ingenuo, gli dissi naturalmente di sì. E furono giorni e settimane, non ricordo quanto durò, faticose e difficili. Mi disse fai così e così. Soprattutto mi disse, come era suo stile, non fare così e non fare così. E alla fine imparai.
Certo, a distanza di anni posso dire che se mi fosse capitato con la bicicletta o, soprattutto, con la difficile arte del segno scritto, quello che mi sarebbe capitato tre decenni dopo con il laccetto della coda, sarei stato molto più contento. Però non è successo, e dubito moltissimo sarebbe mai potuto accadere.

Ho paura di essermi dato la zappa sui piedi. In pratica ho sostenuto che sinchè si tratta di apprendere competenze relativamente semplici, l’osservazione può bastare, quando però le competenze da acquisire sono appena un po’ più complesse è necessaria un’intenzionalità didattica da parte di qualcuno che si assume il compito di insegnartele. Per tutte le altre cose invece, sentimenti, valori, atteggiamenti, comportamenti vari, è inutile ogni velleità educativa, perché tanto ognuno di noi impara da ciò che vede e sente, indipendentemente da ciò che gli altri gli vogliono far vedere o sentire.
Saranno contenti i mujjaidin dell’istruzione. Quelli che l’educazione sa comunque e sempre di stantio e soprattutto di ideologico, che va lasciata accadere punto e basta, concentrando invece l’attenzione sulle capacità strumentali che non si possono acquisire da soli e che occorre dare la possibilità a tutti di possedere.
Prego, a buon rendere."

Igor Salomone - Con occhi di padre - Erickson, II edizione 2011

Sergio
28-09-2012, 20:57
sulla scia di Zigulì e pungolata da Franco Bomprezzi ho letto anche io questo libro,devo dire che alcune parti mi sono risultate un po' pesanti.
Antonella mamma di Giorgio