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aledario
14-07-2011, 15:30
tratto da www.coordown.it


RICERCA CENSIS: LE FAMIGLIE DELLE PERSONE CON SINDROME DI DOWN LASCIATE SOLE

Una ricerca del Censis-Fondazione Cesare Serono presentata ieri mattina al Cnel ha fotografato il vissuto delle persone con sindrome di Down e delle loro famiglie, tra servizi carenti e difficoltà a trovare lavoro.

Il 53% delle famiglie si è dovuto muovere autonomamente per trovare la sede adatta ai servizi riabilitativi, il 40,1% si è rivolto al privato a pagamento intero per carenza di strutture pubbliche, il 56% dei maggiorenni ha difficoltà a trovare un qualsiasi impiego. Servono interventi innovativi e urgenti e più impegno da Società e Istituzioni.

È un percorso decisamente a ostacoli quello che i disabili e le loro famiglie devono affrontare ogni giorno in Italia. Cinque famiglie su dieci con una persona con sindrome di Down sono dovute ricorrere a soluzioni autonome per individuare una sede adatta a fornire servizi riabilitativi. Quattro su dieci sono state costrette a rivolgersi a strutture private pagando di tasca propria a causa della carenza dei servizi pubblici.

È quanto emerge da una ricerca del Censis, presentata ieri a Roma al Cnel, realizzata dalla Fondazione Cesare Serono in collaborazione con AIPD Associazione Italiana Persone Down e Parkinson Italia, nell’ambito del progetto pluriennale “Centralità della persona e della famiglia: realtà o obiettivo da raggiungere?”. Sono state realizzate due indagini che hanno coinvolto direttamente le persone con disabilità e le loro famiglie e hanno approfondito il loro vissuto in relazione alla sindrome di Down e al morbo di Parkinson.

Molte e diffuse le criticità emerse nel campione rappresentativo di 315 famiglie italiane intervistate in cui vive una persona con sindrome di Down. La ricerca mette in luce una serie di problemi che le famiglie vivono quotidianamente. Da diversi anni le associazioni che tutelano i diritti delle persone con sindrome di Down, presenti nelle diverse città italiane, denunciano la carenza dei servizi indispensabili a offrire una risposta dignitosa ai bisogni delle persone con disabilità, bisogni variabili a seconda dell'età.



Servizi riabilitativi e prospettive per il futuro.

I servizi riabilitativi sono sempre più ridotti e le famiglie devono ricorrere a strutture private a pagamento per far sì che il proprio figlio possa avere un trattamento di fisioterapia, logopedia o psicomotricità. Il 53% delle famiglie si è dovuto arrangiare per trovare la sede adatta. Il 32% deve combattere con le liste d’attesa. E a pagare le distanze tra la propria abitazione e lo studio del medico sono soprattutto le famiglie del Mezzogiorno. “54,5 km contro i 22 km indicati mediamente nelle regioni del Centro e i 17,2 km del Nord" spiega Maria Concetta Vaccaro, responsabile Welfare del Censis, che ricorda anche come l’attenzione pubblica riservata generalmente alle persone con sindrome di Down si concentra sui bambini. Ma le persone crescono, e con gli anni la loro disabilità diventa più vincolante in termini di autonomia e qualità della vita.

Quanto più le persone con sindrome di Down si avvicinano all’età adulta, tanto più emergono nel confronto con i coetanei le loro difficoltà in termini di autonomia, anche in funzione di quanto il contesto sociale con il quale si confrontano sia in grado di valorizzarne le abilità e le capacità.

La permanenza in famiglia è, infatti, la prospettiva per il futuro indicata nel 50% dei casi per le persone con più di 24 anni. Con il passare del tempo, i familiari prendono sempre più consapevolezza della scarsa disponibilità di soluzioni al di fuori della famiglia stessa.

Esistono risposte ancora più insufficienti per quanto riguarda le soluzioni abitative della persona con sindrome di Down adulta, dove la famiglia è lasciata sola e al decesso dei genitori i fratelli si trovano ad affrontare delle problematiche gravi e difficili.



Dalla scuola al mondo del lavoro.

Quasi tutti i bambini e i ragazzi Down vanno a scuola (il 97% fino ai 14 anni), ma quando crescono diventa sempre più difficile per loro trovare una collocazione sociale: quasi un adulto Down su quattro (il 23,4) sta a casa e non svolge nessuna attività. Il giudizio delle famiglie sulle scuole è generalmente positivo: è buona la qualità della scuola dell’infanzia per il 65%, la scuola primaria per il 56%, la scuola secondaria di secondo grado per il 65%. Le problematiche più frequenti riguardano la preparazione degli insegnanti, sia quelli di sostegno (43%), sia quelli ordinari (39%), e l’impossibilità di ottenere un numero adeguato di ore di sostegno (41%). Meno diffusa è l’esperienza di difficoltà di integrazione con i compagni (16%).

Tuttavia, è significativo notare come, all’aumentare del livello di disabilità, i giudizi negativi delle persone intervistate aumentano in modo vistoso, un dato che sembra sottolineare come la scuola sia capace di fare inclusione laddove le problematiche degli alunni rimangono entro un certo livello di complessità, ma che superata tale soglia il sistema manifesta tutte le sue debolezze.

Per l'integrazione scolastica le famiglie sono spesso costrette ad azioni giudiziare per garantire il diritto allo studio del proprio figlio disabile. Il percorso oltre la scuola dell'obbligo deve far fronte a una consistente riduzione delle opportunità di formazione professionale e dunque a sempre meno possibilità di inserimento lavorativo. I servizi che dovrebbero occuparsi di inserimento lavorativo sul territorio nazionale sono molto scarsi e offrono risposte insufficienti, costringendo le persone con sindrome di Down a rimanere a casa, senza un adeguato "progetto vita".

È al termine del percorso formativo che emergono le maggiori difficoltà. Le opportunità occupazionali si restringono ulteriormente: il 56% dei maggiorenni ha difficoltà a trovare un impiego, di qualsiasi genere, a prescindere dai desideri, dalle capacità e persino da una remunerazione.

Ad avere un’occupazione è l’11,2% dei 15-24enni e il 31,4 degli adulti con più di 25 anni. Nel 70% dei casi, chi ha un’occupazione non percepisce nessun compenso (in particolare il 28,1%) o ne percepisce uno minimo comunque inferiore alla normale retribuzione per il lavoro svolto.

“Serve un impegno maggiore e interventi innovativi e urgenti da parte della società e delle istituzioni per non lasciare le famiglie sole – questo l’appello del Ministro della Salute Ferruccio Fazio, intervenuto alla presentazione della ricerca -. Mi piacerebbe che lo Stato fosse più vicino alle persone e auspico che di questo studio del Censis facciano tesoro Ministero, Governo e Stato per identificare le giuste politiche di sostegno”.

“CoorDown auspica e chiede con forza che le figure preposte alla gestione pubblica – dichiara Sergio Silvestre, Coordinatore Nazionale CoorDown - prendano atto dei problemi emersi e sviluppino una futura programmazione che possa rispondere alle tante famiglie che, quotidianamente e in silenzio, sopperiscono alle carenze di quei servizi essenziali che una società civile dovrebbe erogare. La centralità della persona e della famiglia deve tornare ad essere il perno del nostro sistema e perché questo avvenga le istituzioni devono rilanciare il proprio ruolo di supporto e sostegno solidale”.

Ultimo aggiornamento (Mercoledì 13 Luglio 2011 11:21)

zioudino
15-07-2011, 17:10
...et voilà...una ventata di ottimismo che fa sempre bene...

Sergio
16-07-2011, 11:32
Era quello che mi ci voleva appena tornata dalla vacanza.....

lara
16-07-2011, 11:45
... ci voleva una ricerca ?

Da noi Emilia Romagna la situazione non è delle migliori e non oso pensare altrove..... conosco un ragazzo down che lavoro a tempo indeterminato (fa il magazziniere), l'azienda è contenta. e' riuscito ad ottenere il lavoro grazie all'impegno della famiglia che per parecchio tempo ha pagato un tutor sul lavoro.... ma visto l'obiettivo ne è valsa la pena direii ;)

MARTY
16-07-2011, 12:32
Non volevo leggerlo... ma alla fine l'ho letto... dura realtà ... da capire , accettare e affrontare ... per cercare di cambiare qualcosa ... almeno un pochino...

Claudia.de
20-07-2011, 20:09
purtroppo le cose stanno così. Speriamo solo che le cose iniziono a cambiare prima o poi.