PDA

Visualizza la versione completa : Non chiamateci malati Down, siete voi malati di pregiudizio



MARTY
29-09-2007, 16:09
Raul Bova c’ha messo la faccia. L’attore si è prestato come testimonial alla Giornata Nazionale della Persona con Sindrome di Down, per regalarle un po’ di visibilità.
Il 14 ottobre ci saranno oltre 200 punti di incontro in 60 città italiane, con uno scopo preciso: rovesciare il pregiudizio sociale nei confronti delle persone con questa sindrome. E mostrare che “Un bambino che nasce con Sindrome di Down ha buone possibilità di diventare un adulto capace di prendersi cura di sé, di avere un’aspettativa di vita non necessariamente ai margini della società, di avere una vita affettiva e anche di trovare un lavoro“, spiega Letizia Pini, presidente dell’Agpd (l’Associazione Genitori e Persone Down, attiva da trent’anni sul territorio della provincia di Milano).
Che quella dell’Agpd non sia soltanto una speranza lo conferma Umberto Formica, Primario Pediatra Emerito dell’Ospedale Vittore Buzzi di Milano e referente per gli aspetti medico-pediatrici dell’Agpd, che specifica: “Non bisogna generalizzare e non bisogna assumere atteggiamenti estremi” spiega “È sbagliato sia l’atteggiamento passivo del ‘tanto è tutto inutile’ sia l’enfatizzazione dei successi di alcuni come se fossero alla portata di tutti. È invece importante che ogni individuo possa esprimere al massimo le proprie potenzialità, in modo da raggiungere il più alto grado di autonomia possibile, che non di rado può condurre anche nel mondo del lavoro”. “Perché l’integrazione sia possibile, però” avverte il dottor Formica “è necessario che fin dai primi anni di vita si investa in tutte le energie del bambino, per aiutarlo a realizzare un programma di vita adeguato alle proprie capacità“.
La prassi auspicata da Formica purtroppo non è ancora la regola. In Italia ci sono circa 48mila individui con SD, ma sono quasi sempre invisibili, relegati ai confini da una società che preferisce la via dell’assistenzialismo (insegnanti di sostegno e assegni d’accompagnamento) a quella dell’integrazione (educatori specializzati e occupazione). Leggere, scrivere e avere una vita con un alto grado di indipendenza sono traguardi raggiungibili per un adulto con SD, eppure se si guardano i risultati di un censimento nella città di Roma, si scopre che il 25 per cento non ha nessun titolo di studio; l’88 per cento abita in famiglia e soltanto il 10 per cento ha un lavoro. “Sono numeri determinati non dalla SD in sé, ma dalla latitanza e dalla insufficienza delle istituzioni”, commenta Letizia Pini “mentre gli sforzi per ottenere l’integrazione e un programma di vita con una qualità più alta possibile sono soprattutto a carico dalle tante associazioni sparse in Italia”.
Con l’appuntamento del 14 ottobre, queste associazioni intendono spazzare via anche altri luoghi comuni, come il rapporto tra SD e le malattie. “È certamente vero che alcuni trisomici 21 (la sindrome di Down è anche detta trisomia 21, ndr), rispetto alla popolazione generale, possono presentare con più frequenza alcune patologie, ma ciò non significa che debbano essere considerati una potenziale categoria di malati. Queste patologie non sono specifiche della SD, e con controlli mirati possono essere prevenute e curate come in tutte le altre persone”.

L’appuntamento di metà ottobre dovrebbe servire anche a riportare l’attenzione su un concetto tanto semplice quanto rimosso, e cioè sul fatto che la disabilità non è soltanto un accidente individuale, ma qualcosa che riguarda tutti noi: “Come la malattia” avverte Formica “anche l’handicap in generale è una condizione purtroppo molto democratica: può presentarsi, in misura più o meno grave, in qualunque momento nella vita di ciascuno, giovane o vecchio che sia. Dunque” conclude “se vogliamo vivere in una società solidale, sia i singoli sia le istituzioni devono farsi carico dell’handicap: fare leggi e promuovere una cultura che vada contro il pregiudizio, affinché anche i trattamenti, e non soltanto l’evento della possibile disabilità, diventino finalmente democratici“.

LEGGI ANCHE:
Un tuffo nella vita (articolo di Umberto Formica, qui riprodotto per gentile concessione della rivista Diagnosi & Terapia)
http://gallery.panorama.it/albums/upload/documenti/speciale.pdf

Ho la Sindrome di Down. E ti dico la mia

http://blog.panorama.it/italia/2007/09/28/ho-la-sindrome-di-down-e-ti-dico-la-mia/
http://blog.panorama.it/italia/2007/09/28/non-chiamateci-malati-down-siete-voi-malati-di-pregiudizio/#comments

Nunzio
01-10-2007, 12:56
“Come la malattia ... anche l’handicap in generale è una condizione purtroppo molto democratica: ..."



Ehm! Purtroppo? Per fortuna! Altrimenti sai che sfiga!

Dadi
02-10-2007, 16:34
......... “Un bambino che nasce con Sindrome di Down ha buone possibilità di diventare un adulto capace di prendersi cura di sé, di avere un’aspettativa di vita non necessariamente ai margini della società, di avere una vita affettiva e anche di trovare un lavoro“, spiega Letizia Pini, presidente dell’Agpd (l’Associazione Genitori e Persone Down, attiva da trent’anni sul territorio della provincia di Milano).

GIUSTISSIMO!!!!! :wink:


.....È invece importante che ogni individuo possa esprimere al massimo le proprie potenzialità, in modo da raggiungere il più alto grado di autonomia possibile, che non di rado può condurre anche nel mondo del lavoro”. “Perché l’integrazione sia possibile, però” avverte il dottor Formica “è necessario che fin dai primi anni di vita si investa in tutte le energie del bambino, per aiutarlo a realizzare un programma di vita adeguato alle proprie capacità“.

GIUSTISSIMO!!!!!!! :wink:


.......... relegati ai confini da una società che preferisce la via dell’assistenzialismo (insegnanti di sostegno e assegni d’accompagnamento) :roll: a quella dell’integrazione (educatori specializzati e occupazione). .............. :roll:



...............ma come si possono raggiungere quegli obiettivi di autonomia, integrazione, sviluppo delle potenzialità, occupazione, senza figure professionali (per esempio insegnanti, educatori ecc.) che affianchino il bambino soprattutto a scuola, dove trascorrono ben 16 anni della loro vita? :gruebel: